Non sappiamo i loro nomi, quanti anni avessero, se sono riusciti a congedarsi dai loro familiari o se sono morti soli. Non sappiamo neanche quante ore di lavoro di medici e infermieri ha richiesto il tentativo, fallimentare, di tenere attivi polmoni devastati e cuori sfiancati.

Sappiamo soltanto che in una giornata sono morte 993 persone. Un dato senza precedenti che ci costringe a fermarci un attimo. Le polemiche sugli spostamenti tra regioni, le baggianate sul Mes, le contorsioni di  Cinque stelle e Forza Italia: tutto scompare di fronte a 993 vittime. Che si sommano a quelle del giorno prima e di quello prima ancora. 

Per una volta l’analfabetismo statistico degli italiani e, in particolare, della politica torna utile: anche se pochi ne sono consapevoli, questi morti sono il prodotto di scelte sbagliate di ottobre e novembre, sono stati probabilmente contagiati due o tre settimane fa, tante ne passano tra il contatto con il virus e il decesso per i più fragili o sfortunati. Ma l’impatto emotivo deflagra proprio quando più c’era bisogno di un monito, di un o shock che fermasse quel processo di rimozione collettiva della tragedia che si innesca sempre più rapidamente. 

Ci aggrappiamo a ogni segnale - gli annunci sul vaccino, l’indice Rt che cala - per raccontarci che è finita o almeno sta finendo. Le strade dello shopping nelle grandi città sono piene quasi come in tempi normali, con le mascherine, certo, ma senza la protezione salvifica del distanziamento sociale. 

Politici, presidenti di regione e governatori sembrano aver rinunciato a sfruttare la frenata nei contagi per sistemare il tracciamento dei positivi che potrebbe salvarci dalla terza ondata, si limitano ad aspettare un vaccino che richiederà mesi per immunizzare tutta la popolazione.

Il Dpcm del governo Conte è giustamente severo e arriva al momento giusto: soltanto con restrizioni drastiche agli spostamenti durante le feste natalizie si può evitare di avere ancora tragedie come questa.  

Le terapie intensive in Italia sono piene al 41 per cento di malati Covid, in alcune regione come la Lombardia e il Piemonte oltre il 60 (dati Gimbe), in quasi tutta Italia oltre il 50 per cento dei posti letto è occupato da infetti da coronavirus, segno di un sistema sanitario stremato che dedica tutte le risorse a curare i contagiati trascurando gli altri malati, che soffrono e muoiono senza neppure la dignità di entrare in una statistica. 

Mentre noi già ci industriamo su come aggirare il Dpcm sul Natale, immaginiamo raffinati trucchi per scambiare regali con parenti proibiti (che poi, diciamolo, le riunioni familiari non sono mai state tanto anelate quanto ora che sono vietate), medici e infermieri chiudono gli occhi a quasi mille persone al giorno. 

Sospendiamo ogni confronto assolutorio con l’estero, ogni celebrazione del “modello italiano”, ogni entusiasmo, ogni polemichetta tra regioni e governo. Quei 993 morti che non hanno potuto avere cure efficaci, meritano almeno questo rispetto.

© Riproduzione riservata