La vittoria di Joseph Biden è stata netta per voti e stati conquistati, ma inferiore alle aspettative e ai sondaggi. La sconfitta di Trump è innegabile, ma il suo risultato in termini di voti ottenuti è stato straordinario e preoccupante. Quasi 74 milioni di americani hanno dato il loro voto a colui che è probabilmente stato in assoluto il peggior presidente degli Stati Uniti.

Certamente Biden cambierà stile e modalità di rapportarsi all’elettorato e al resto del mondo. «America is back» significa il ritorno a una democrazia che era stata apprezzata un po’ dovunque e che sulla scena mondiale aveva costituito l’asse portante di quello che è stato definito “ordine internazionale liberale”. Di qui, con buona pace di alcuni scettici commentatori nostrani, discenderà anche la ricerca di ristabilire buoni rapporti di cooperazione con l’Unione europea.

Le incertezze in Georgia

Sul piano interno, Biden ha più di un problema da affrontare e risolvere. Se gli elettori della Georgia non faranno vincere entrambi i candidati democratici al Senato, sarà difficile anche per il navigatissimo ex-senatore Biden riuscire a fare approvare in un Senato a maggioranza repubblicana le leggi che gli stanno più a cuore e, forse, persino a ottenere la conferma delle nomine che sta effettuando.

In maniera sobria e riflessiva, il presidente-eletto ha già dato alcune indicazioni significative nelle prime nomine ufficiali. In primo luogo, farà affidamento su persone che hanno già avuto precedenti esperienze di governo, ad esempio, durante l’amministrazione Obama, e nelle quali, avendo già lavorato con loro, ripone molta fiducia. L’esperienza pregressa serve, fra l’altro, anche a minimizzare gli eventuali inconvenienti di una transizione ritardata alla quale Trump e i suoi sodali continuano a frapporre ostacoli.

In secondo luogo, Biden ha già reso evidente che la sua squadra includerà molte donne in ruoli rilevanti, dal Tesoro all’Intelligence e alle Nazioni unite che avranno un’ambasciatrice di colore con lunga esperienza. Biden sa che il Movimento Black Lives Matter si attende molto da lui anche in termini di nomine, ma soprattutto di politiche.

L’ala radicale dimenticata

Nel passato il senatore del Delaware è stato tutt’altro che progressista nel settore dei diritti civili. Rimangono da soddisfare in qualche modo le richieste portate avanti nelle primarie dal senatore Bernie Sanders e dalla senatrice Elizabeth Warren e, più in generale, dalla generazione delle parlamentari progressiste. Uso il femminile non per ossequio, che non intendo fare, al politically correct, ma perché sono molto più le donne degli uomini che si caratterizzano per posizioni più avanzate. Sono, come si dice, in ballo due nomine specialmente importanti, quella del segretario al Lavoro e quella dell’Attorney General (ministro della Giustizia), cariche che i democratici progressisti desidererebbero fossero affidate a loro esponenti. Il quadro complessivo si va componendo, ma, proprio queste due nomine potrebbero mandare molto più che un segnale significativo di cambiamento di prospettiva e di politica.

Quella di presidente degli Stati Uniti è una carica che può essere plasmata in maniera davvero notevole dalla personalità di chi la ottiene, ma che, sua volta, offre al presidente grandi opportunità di esprimere il meglio (e il peggio) di sé.

Il carisma d’ufficio 

Notoriamente Biden non è un leader carismatico, vale a dire dotato di qualità personali eccezionali riconosciutegli diffusamente. Troppo brevemente, Obama sembrò essere carismatico. Facendo ricorso ad una antica, ma classica dicotomia, Biden è stato, forse deliberatamente, un broker (mediatore) più che un leader.

Tuttavia, intrinsecamente, la presidenza offre quello che Max Weber ha definito “carisma d’ufficio” che discende non soltanto dalla natura e dai poteri della carica, spesso contrastati, proprio come voleva James Madison, dal duplice meccanismo dei “freni e contrappesi” e della separazione delle istituzioni, ma in modo speciale dall’autorevolezza che viene conferita al detentore della carica.

Se l’America deve essere, nella famosa e talvolta abusata espressione tratta dalla Bibbia ad opera dei Puritani guidati da John Winthrop, «la città che splende sulla collina» (espressione di cui fece appassionato uso Ronald Reagan), allora il capo di quella città ha enormi responsabilità (e opportunità). Molto più mondanamente, a causa della sua età, è probabile che il presidente Biden sappia che dispone di un solo mandato per lasciare il suo segno. L’inizio sembra promettente.

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