È possibile far vivere otto miliardi di persone su un pianeta con risorse limitate? Gli ottimisti assicurano di sì: non c’è nemmeno bisogno d’immaginare politiche malthusiane di controllo delle nascite né di temere un ritorno al Paleolitico; basterà garantire la giustizia ambientale su scala planetaria, insomma stringerci un po’ e rinunciare al superfluo — supponendo che un creativo milanese e un pastore afghano riescano a mettersi d’accordo su cosa sia effettivamente superfluo senza venire alle mani.

La domanda da porsi è semmai un’altra: è possibile far vivere otto miliardi di borghesi su un pianeta con risorse limitate? E qui la risposta è chiaramente no.

Lo illustrava uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications nel giugno 2020 dal titolo Scientists’ warning on affluence, nel quale il benessere materiale goduto dalla minoranza di esseri umani che popola i paesi ricchi veniva additato come principale ostacolo alla sostenibilità ecologica.

La brutta notizia è che questa minoranza ingorda siamo noi, la stragrande maggioranza dei cittadini occidentali. Secondo gli autori dello studio, è la società borghese di massa — le sue automobili, la sua alimentazione, le sue vacanze, i suoi gingilli elettronici… — a essere insostenibile.

Poco importa se ci spostiamo in bicicletta o mangiamo cibo a chilometro zero: nella nostra impronta ecologica entra tutto il lavoro che comandiamo, cioè l’inquinamento che deleghiamo.

Il borghese è per definizione separato dalla realtà dei rapporti di produzione: a malapena sa che forma ha l’animale di cui si nutre, figuriamoci riconoscere la distruzione di risorse che sta dietro alle sue abitudini e ai suoi valori.

Quanto pianeta consumano una vita serena, un sistema sanitario funzionante, i diritti umani di prima seconda e terza generazione? Troppo perché ci si possa sinceramente augurare un mondo interamente imborghesito. Eppure questo era il progetto liberale moderno, modellato dapprima sul citoyen parigino e poi sul consumatore americano. 

A devastare il pianeta è stato l’uomo istruito, urbanizzato, civilizzato, pacifico, tollerante. Il sistema produttivo che garantiva la soddisfazione dei suoi bisogni primari non poteva essere regolato altrimenti che spingendolo ad avere sempre più bisogni secondari, sempre più astratti e sempre più costosi, individuando attorno a noi e dentro di noi una quantità crescente di problemi da risolvere e di rischi dai quali metterci in sicurezza.

Per decenni abbiamo dato lezioni al mondo, e ancora ne diamo, senza mai ammettere a noi stessi che siamo moderni perché ce lo possiamo permettere, e ce lo possiamo permettere perché abbiamo asservito l’intero pianeta al nostro benessere. Insomma siamo moderni perché siamo borghesi. Oggi siamo obsoleti.

Non è rassicurante ammettere che lo stile di vita talebano è più ecosostenibile del nostro, perché a nessun prezzo saremmo disposti a consegnarci a un simile orrore. Per fortuna ci sono soluzioni intermedie. Ma nessuna di queste prevede la sopravvivenza della civilità borghese per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi due secoli.

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