Giorni fa, non ricordo su quale canale, hanno ripassato Mars Attacks!. Satira graziosa delle saghe di fantascienza anni cinquanta. Gli alieni, buffi più che terribili, attaccano la terra e il presidente degli Stati Uniti, Jack Nicholson, finisce trafitto fallendo l’ultimo disperato appeasement. A debellare gli intrusi ci penserà la musica sparata a palla.

L’altra notte scorrendo alla tivù le immagini dell’idiota col cappello vichingo e altri scombinati all’assalto del tempio della democrazia americana veniva da pensare che neanche il genio di Tim Burton avrebbe osato tanto.

Perché la reazione all’impronta, soprattutto a volume azzerato, era razionalmente di incredulità. Lì, nella più grande democrazia del pianeta, un manipolo, a dire il vero neppure pochi, di esaltati sfondava a sediate i vetri della culla del potere, scorazzava tra i corridoi e la solennità dell’Aula, violava l’ufficio della speaker del Congresso e come in un B-movie ne occupava la poltrona allungando i piedi sulla scrivania. Troppo anche per un’immaginazione fervida.

Qui non succederà mai

Poi però, se alzavi il volume, capivi tutt’altro e registravi per intero l’entità della tragedia. I morti, le violenze, un apparato di sicurezza inadeguato anche quando piantato armi in pugno a un presidio fuori tempo. A quel punto la reazione, più razionale dell’altra, ha prodotto sconcerto, indignazione e allarme. Allarme sì, perché nessuno si alzi a spiegare l’inspiegabile. Tradotto, che i fatti della notte scorsa (ora italiana) erano imprevedibili.

E mi permetto di aggiungere, nessuno venga a dire che «qui non potrà mai accadere» perché quel tanto di senno rimasto in dote a un pensiero critico dovrebbe attivare ogni sistema d’allarme e farci capire perché a Washington in un pugno di ore e sotto gli occhi del mondo la cronaca si è fatta storia.

In Come muoiono le democrazie (Laterza 2019), Steven Levitsky e Daniel Ziblatt spiegano il baratro tra i due schieramenti, Democratici e Repubblicani, come effetto della tendenza in atto nel Grand Old Party a muoversi e comportarsi a tutti gli effetti come una forza antisistema. Il punto è che tale strappo violento dalla cultura di Abraham Lincoln risale almeno al 2008, dunque in anticipo sull’energumeno Donald Trump.

L’ascesa di gruppi esterni, una struttura del partito ortodosso soppiantata da finanziatori poco sensibili ai miti delle libertà politiche e civili, l’aggressività della Fox News e altri epigoni di una destra militarizzata: diciamo che il terreno di coltura del trumpismo, al netto delle sue implicazioni sociali compreso l’impoverimento della middle class, aveva conosciuto una semina generosa. I quattro anni ultimi quelle premesse hanno provato a stabilizzare traducendole in un’azione pianificata: delegittimare gli istituti della democrazia aggredendone i pilastri.

La notte buia vissuta dall’America può essere l’epitaffio di quella strategia o il prodromo a un incanaglimento del conflitto. Toccherebbe ai Repubblicani onesti e perbene rifondare un proprio establishment a oggi malato e corrotto e non sarà impresa facile.

La torsione illiberale

Quanto a noialtri, ispirava persino comprensione il tweet imbarazzato e imbarazzante della leader della destra che alle 23.06 dell’Epifania cinguettava l’auspicio perché cessassero subito le violenze «come chiesto dal presidente Trump».

Più o meno lo stesso che affidare a un piromane la cloche di un canadair. Ma anche in questo caso converrà allungare lo sguardo per capire in che misura i vagiti di una torsione illiberale e pericolosa siano già penetrati nel cuore dell’Europa e, ahimè, in casa. E qui la parentesi sul linguaggio di una politica incendiaria con la quale abbiamo convissuto nell’ultimo quarto di secolo pare dovuta.

Poi è probabile che come spesso ci è capitato la tragedia di altri abbia assunto nei confini nostri il tratto della parodia, però è comunque saggio pensarci. In fondo è da noi che anni addietro un ministro della Repubblica nel pieno delle funzioni sproloquiava di fucili padani e cartucce in uscita dalla giberna.

L’elenco di episodi simili sarebbe lungo, resta che per anni tutto questo armamentario lo si è derubricato a folklore, eccessi del carattere, goliardie senza implicazioni né conseguenze. Invece il nodo è qua. Nel quanto si accetta e tollera che l’asticella del consentito sfori il perimetro del lecito.

Una classe dirigente mediocre, anche perché relativamente incolta, non potrà mai fortificare i cardini della democrazia, ma potrà, se non arginata, svellere da quei cardini la democrazia stessa rendendola più esposta e vulnerabile.

Ecco, almeno un esame di coscienza non dei peccati che abbiamo compiuto, ma di quelli che abbiamo consentito si compissero, almeno questo prima che la notte americana allarghi la sua ombra oltre Oceano dovremmo provare a farlo.

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