Ci sono state molte reazioni sdegnate all’ipotesi che i partiti di centrodestra arrivino a candidare Silvio Berlusconi, lasciando a lui la valutazione, non della fattibilità etica e politica di una simile candidatura, ma dell’esistenza di un numero sufficiente di voti in parlamento. Come si è giunti a questo punto?

Partiamo dalla Costituzione. L’articolo 84 stabilisce che può essere eletto «ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta annidi età e goda dei diritti civili e politici. L’articolo 54 dice che «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore».

L’articolo 87 che il capo dello stato «rappresenta l’unità nazionale», «autorizza la presentazione alle camere dei disegni di legge di iniziativa del governo», ha il comando delle forze armate, «presiede il consiglio supremo di difesa» e il «Consiglio superiore della magistratura».

Tutte funzioni che richiedono il massimo della dignità della persona e il massimo dell’imparzialità nel loro esercizio. Ce n’è abbastanza per dire che per accedere alla carica ci vogliono requisiti maggiori del solo godimento dei diritti civili e politici.

Il decaduto

Nel caso di Berlusconi, al di là dei suoi comportamenti personali e del reiterato disprezzo per le istituzioni e del costante attacco alla magistratura, vi è la sua condanna nell’agosto del 2013 per evasione fiscale che ha comportato la decadenza dalla carica di senatore nel novembre dello stesso anno.

I suoi avvocati hanno contestato la retroattività della disciplina sulle incandidabilità e sulla decadenza, ma la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato (17 giugno 2021) che la disciplina italiana non lesiva dei diritti fondamentali del cittadino.

Sono seguiti l’affidamento per l’esecuzione della pena a quattro anni ai servizi sociali, fino alla riabilitazione decretata dal giudice di sorveglianza nel maggio del 2018, pur in pendenza di procedimenti giudiziari a suo carico per gravi reati, procedimenti dai quali l’imputato ha cercato di fuggire, dichiarando condizioni di salute gravi e debilitanti.

La candidatura viene oggi proposta perché, con la riabilitazione, Berlusconi ha recuperato i propri diritti civili e politici. Il problema che si pone è se abbia recuperato un diritto di agibilità politica, che gli consente, ad esempio, di presentarsi alle elezioni per il parlamento, ma non abbia tutti i requisiti necessari per l’esercizio dignitoso e imparziale delle funzioni connessa all’altissima carica di capo dello Stato.

Nell’estrema sinteticità della Costituzione e nell’assenza di una legge che disciplini meglio i requisiti di accesso, tutti interpretano la disciplina vigente nel senso che essa ha voluto lasciare a una sana prassi costituzionale, agli accordi tra i partiti, al dibattito pubblico, il lavoro di integrazione della Costituzione con regole che consentano comunque di valutare l’esistenza di requisiti essenziali e, nel nostro caso, di escludere una simile candidatura perché in conflitto con le funzioni della carica di capo dello Stato.

Purtroppo, l’assenza di regole è usata proprio per avanzare una candidatura che ha l’esplicito sapore di rivincita e di disprezzo di regole rigorose per l’accesso alle cariche pubbliche.

Da quando Berlusconi, con i suoi conflitti di interesse, condiziona la vita pubblica italiana, è ancora oggi impossibile condividere in modo bipartisan regole di corretto funzionamento delle istituzioni democratiche. Un vuoto da colmare: prima lo facciamo, prima riacquistiamo dignità e prestigio, anche a livello internazionale.

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