Questo parlamento continua a fare di tutto per meritare la scarsa stima di cui gode. Pur avendo a disposizione il migliore tra i presidenti della Repubblica possibili, cioè Mario Draghi, non lo vuole eleggere al Quirinale per indicibili interessi di parte mascherati da preoccupazioni per l’azione di un esecutivo già impantanato.

Il centrodestra è ostaggio di Silvio Berlusconi: nessun esponente di Lega, Fratelli d’Italia e neppure Forza Italia lo vuole davvero al Quirinale, ma tutti assecondano l’ambizione senile del condannato per frode fiscale. Ormai non resta che sperare, al centrodestra e a tutti noi, che Berlusconi venga sconfitto in aula, abbandonato anche dai suoi in un sussulto di dignità dietro lo schermo del voto segreto.

Il Pd deve ancora decidersi. Intanto spera in un bis di Sergio Mattarella che rimandi i problemi e le elezioni oppure in un compromesso su Giuliano Amato, candidato con un curriculum lungo almeno quanto l’elenco delle ragioni per cui non sarebbe la scelta ideale (età, super pensioni, appartenenza a troppe stagioni politiche). Cinque stelle non pervenuti.

Poiché in politica il vuoto non esiste, in questo stallo si esplorano le opzioni più varie. C’è, per esempio, un piano che circola per affrontare il vero ostacolo di questa elezione: il fatto che il diritto alla pensione per gli onorevoli al primo mandato scatta il 24 settembre 2022, e dunque tanti sono ostili a esiti della partita quirinalizia che possano aumentare il rischio di scioglimento anticipato delle camere.

Il presidente della Camera Roberto Fico e quello del Senato, Maria Elisabetta Casellati, potrebbero chiedere il rinvio dell’elezione a tempi migliori, quando tutti i grandi elettori potranno votare. Ad oggi almeno una trentina di parlamentari sono in quarantena, in ogni caso l’elezione seguirà procedure e tempistiche lontane da quelle immaginate dai costituenti.

In caso di rinvio, dal 3 febbraio Sergio Mattarella sarebbe in prorogatio. Un voto rimandato alla primavera o addirittura all’estate (si parla di luglio) permetterebbe al governo Draghi di impostare i conti pubblici del 2023 con il Documento di economia e finanza e poi avviare una serena transizione: i partiti potrebbero eleggere Draghi al Quirinale senza timore di elezioni anticipate. Col premier al Quirinale e la pensione garantita, potrebbero anche trovare un accordo sulla legge elettorale.

Ad oggi sembra un’ipotesi fantasiosa, ma se ne discute sul serio. Molte alternative più dignitose sarebbero possibili, ma ci vorrebbe coraggio politico e spirito di iniziativa.

Un sistema dei partiti che non ha altri nomi che tre ottuagenari – uno condannato, un altro che ha chiesto in tutti i modi di non essere rieletto e il terzo che sogna di esserlo fin dalla Prima repubblica – è un sistema che comunque ha fallito. E gli elettori, presto o tardi, presenteranno il conto.

© Riproduzione riservata