- A fare il presidente della Repubblica non ci si candida, se non si ha l’improntitudine di un Silvio Berlusconi, e in effetti Mario Draghi durante la conferenza stampa di fine anno non lo ha fatto; ha solo detto, con garbo, che se eletto accetterebbe volentieri la nomina, e ci mancherebbe.
- Solo un ampio patto fra forze parlamentari può mandare, alla presidenza della Repubblica e al governo, le persone più adatte, e fra loro compatibili. I partiti possono lavorare - in modo aperto fra loro, ma riservato verso l’esterno - per trovare il binomio adatto ad attrezzare l’Italia alle sfide che ci attendono.
- Il primo ostacolo è la conflittualità interna ai partiti. Interessa però anche ai maggiori togliere il pallino alle volatili micro formazioni, aspiranti a fare le mosche cocchiere. Senza questo patto però partirà un flipper imprevedibile. Gli inglesi lo chiamano game of chicken; il pollo sarebbe, con l’Italia, l’Europa tutta.
A fare il presidente della Repubblica in Italia non ci si candida, se non si ha l’improntitudine di un Silvio Berlusconi, e in effetti Mario Draghi non l’ha fatto; ha solo detto, con garbo, che se eletto accetterebbe volentieri la nomina, e ci mancherebbe. Ciò è bastato a dissolvere la nube di ipocrisia che ne avvolgeva la beatificazione. Come ha scritto Salvatore Vassallo su queste pagine, le forze politiche prodighe di inviti a Draghi a chiarire le proprie intenzioni ora gli fanno il bronci



