Il 13 luglio, la Commissione europea ha pubblicato la terza edizione annuale del rapporto sullo Stato di diritto (Rule of Law) nell’Unione Europea (Ue). Come si legge sul sito del parlamento Ue, lo Stato di diritto comporta che i governi siano vincolati dalla legge, quindi non prendano decisioni arbitrarie e i loro cittadini siano in grado di contestarne l’operato in tribunali indipendenti; che si contrasti la corruzione; che si tuteli la libertà di stampa. Lo stato di diritto – insieme a democrazia, diritti umani e diritti delle minoranze – è uno dei criteri di Copenaghen, requisiti da rispettare per l’avvio del processo di adesione all’Ue, ed è richiamato dal Trattato sull’Unione europea (TUE, art. 2) tra i valori su cui si fonda l’Unione.

Il rapporto annuale costituisce il fulcro del “meccanismo per lo Stato di diritto”, che sul sito della Commissione Ue è definito come «una procedura di dialogo annuale tra la Commissione, il Consiglio e il parlamento europeo, insieme agli stati membri, ai parlamenti nazionali, alla società civile e ad altre parti interessate», finalizzata a «prevenire l'insorgere o l'aggravarsi di eventuali problematiche» e a «trovare soluzioni per salvaguardare e proteggere lo Stato di diritto».

Gli strumenti a tutela dello Stato di diritto in Ue

Nel corso del tempo, l’Unione europea si è dotata di vari strumenti per garantire che lo Stato di diritto sia rispettato negli Stati membri. Innanzitutto, la procedura prevista dal TUE (art. 7) permette al Consiglio europeo di «sospendere» alcuni diritti di uno Stato, «compresi i diritti di voto (…) in seno al Consiglio», in caso di violazione dei principi e dei valori previsti dal Trattato. Inoltre, il Trattato sul funzionamento dell’Ue (TFUE, articoli da 258 a 260) prevede una procedura di infrazione qualora «uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati», per non aver attuato una norma europea oppure per aver operato in modo incompatibile con essa.

C’è poi il “quadro per lo stato di diritto” (2014), un meccanismo di “preallarme” da attivarsi prima che si realizzino le violazioni previste dal TUE (art. 7), finalizzato ad affrontare e risolvere situazioni di “minaccia sistemica” allo Stato di diritto di uno Stato membro, mediante una procedura di dialogo fra la Commissione Ue e lo Stato stesso.

È stato anche elaborato un «regime generale di condizionalità» (regolamento 2020/2092), che permette all'Unione di sospendere, ridurre o limitare l’accesso ai suoi finanziamenti, per violazioni dello Stato di diritto che «incidono direttamente o rischiano seriamente di compromettere la sana gestione finanziaria del bilancio dell'Unione o degli interessi finanziari dell'Unione».

Il rapporto sullo Stato di diritto

La terza relazione annuale sullo Stato di diritto si inserisce «nel contesto dell'invasione russa dell'Ucraina, che ha ulteriormente mostrato l'importanza di sostenere i valori democratici, i diritti umani e lo stato di diritto». La relazione valuta le tendenze nell'Ue nel suo complesso e contiene 27 capitoli sulla situazione in ogni stato membro. Quest'anno, per la prima volta, sono formulate raccomandazioni specifiche per i singoli paesi, con lo scopo di incoraggiarli «a portare avanti le riforme» e «identificare dove sono necessari miglioramenti». Come per le edizioni precedenti, il rapporto considera quattro settori chiave: sistemi giudiziari, quadro anticorruzione, pluralismo e libertà dei media, controlli ed equilibri istituzionali.

Circa il settore della giustizia, molti Stati membri hanno intrapreso processi di riforma. Allo stesso tempo, per alcuni paesi «persistono preoccupazioni strutturali» relativamente a «indipendenza della magistratura», «nomine nei tribunali superiori» e «posizioni di presidente del tribunale», «indipendenza/autonomia dei servizi giudiziari». Le raccomandazioni della Commissione attengono soprattutto a interventi su questi profili.

Riguardo al quadro anticorruzione, «l’Ue rimane una delle regioni meno corrotte del mondo». Tuttavia, in alcuni Paesi le indagini e le azioni penali «sono lunghe» e si arriva tardi alle sentenze. Le raccomandazioni attengono al «rafforzamento dei quadri preventivi, ad esempio sulle norme di lobbying e sui conflitti di interesse, e sulla garanzia di indagini e procedimenti efficaci sui casi di corruzione».

Quanto all’area “libertà dei media e pluralismo”, «sia la pandemia di Covid-19 che la guerra della Russia contro l’Ucraina hanno dimostrato il ruolo cruciale dei giornalisti per controllare i fatti e informare i cittadini». Diversi Stati membri hanno migliorato la trasparenza della proprietà dei media, ma permangono preoccupazioni per «la mancanza di trasparenza nella distribuzione della pubblicità statale, il conflitto di interessi e gli ostacoli legati all’accesso ai documenti pubblici». Le raccomandazioni riguardano, oltre a questi e altri profili, la governance indipendente del servizio pubblico e la sicurezza dei giornalisti.

Circa i “controlli ed equilibri istituzionali”, gli Stati membri hanno migliorato la qualità dei processi legislativi. Tuttavia, in alcuni Paesi «non esiste ancora un quadro formale per consultare le parti interessate» e le organizzazioni della società civile incontrano «restrizioni al loro spazio operativo». Le raccomandazioni chiedono, oltre a interventi su questi profili, l'istituzione di organismi per la tutela dei diritti umani.

Lo Stato di diritto in Italia

La valutazione sull’Italia indica, con riferimento al settore della giustizia, che sono state adottate riforme di quella civile e penale, e la normativa di attuazione consentirà di elaborare disposizioni più dettagliate in materia di indipendenza della magistratura. Tuttavia, la durata dei procedimenti resta un problema. Quanto alla corruzione, se ne riscontrano infiltrazioni nell'economia; sono ancora pendenti proposte legislative in tema di protezione dei segnalanti (whistleblower), conflitti di interessi e attività di lobbying; i finanziamenti alla politica non sono ancora del tutto trasparenti.

Relativamente ai media, sussistono preoccupazioni per le condizioni di lavoro precarie di molti giornalisti, per la protezione delle fonti giornalistiche e del segreto professionale. Inoltre, nonostante la Corte costituzionale si sia pronunciata sull'incostituzionalità della norma che prevede la reclusione per la diffamazione a mezzo stampa, la relativa legislazione non è stata modificata.

Circa i controlli e gli equilibri istituzionali, non è ancora stata creata un'istituzione nazionale per i diritti umani e, al 1° gennaio 2022, l'Italia doveva ancora dare esecuzione a 58 sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo. Inoltre, il ruolo delle organizzazioni della società civile, «attori essenziali per lo Stato di diritto», rimane ristretto.

La Commissione raccomanda all’Italia di intervenire sulle criticità rilevate, con una serie di indicazioni specifiche. Esse andranno considerate dal prossimo Governo, anche perché nel 2023 l’Italia sarà sottoposta a una nuova valutazione. Ne va della credibilità del paese.

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