Con questo delitto la soppressione della vita di una donna non varrà di più, ma sarà stabilito per legge che lo stato, per obbligo costituzionale e sovranazionale, riconosce la discriminazione sessuale che ne è la causa. I femminicidi non diminuiranno dando loro un nome, ma esisteranno con un nuovo lessico, allineato alla loro matrice
Le donne sono uccise dagli uomini – e prima ancora umiliate, picchiate, stuprate o perseguitate – perché decidono di: laurearsi in tempo, abortire o non abortire, non indossare il velo, amare un uomo o lasciarlo, uscire con le amiche, divertirsi, imparare le lingue, non cucinare, postare una foto sorridente. O perché anziane e malate. Questo vuol dire essere uccise “in quanto donne”; gli uomini, per queste stesse ragioni, non sono mai stati fatti a pezzi, acidificati, carbonizzati.
La matrice
Definire il femminicidio partendo dall’appartenenza al genere femminile della vittima spiega la vera matrice di questo delitto, costringendo a non banalizzare.
Le donne sono uccise, in tutto il mondo, perché pretendono di essere libere e si sottraggono al potere e al controllo di un uomo che costruisce la sua identità su un dominio senza in quale non esiste.
Un ragazzo che vieta alla fidanzata di uscire con le amiche, anziché essere emarginato, spesso, è apprezzato dalla comunità perché conferma la sua virilità fondata sul disprezzo dell’autonomia femminile. È urgente che il delitto di femminicidio trovi il suo status di crimine di potere, connotato da specifici codici, e non sia più deformato dalla radicata convinzione che l’uccisione di una donna sia dovuta a gelosia, perdita di controllo, ira, frustrazioni, patologie.
Con il nuovo delitto non leggeremo più che una donna è stata uccisa da un uomo innamorato che non ha accettato la separazione; leggeremo che un uomo ha ucciso deliberatamente una donna solo perché questa voleva essere libera e lui non poteva permetterlo perché avrebbe perso la sua identità maschile, davanti a sé e alla comunità.
Inversione dei termini
È un’inversione epocale, dei termini e dell’attribuzione delle responsabilità (la donna non è uccisa, è l’uomo che la uccide). Se le donne non ci sono nel diritto penale è perché non hanno meritato di esistere come soggetti neanche nella società, salvo che nel delitto d’onore, per consentire agli uomini di essere puniti più lievemente, o nel matrimonio riparatore, per evitargli qualsiasi sanzione.
Questa è la falsa neutralità di reati che, nonostante il principio di uguaglianza, hanno resistito fino a pochi decenni fa senza che fossero molti ad insorgere per denunciarne la violazione costituzionale, come sta accadendo, paradossalmente, per il delitto di femminicidio, già oggi punito con l’ergastolo, diverso da qualsiasi altro tipo di omicidio (anche di donne uccise nel corso di rapine).
Con questo delitto la soppressione della vita di una donna non varrà di più, ma sarà stabilito per legge che lo stato, per obbligo costituzionale e sovranazionale, riconosce la discriminazione sessuale che ne è la causa; si darà forma coerente ad un fatto sociale diffuso che viola un diritto umano inalienabile; si consentirà di pensare che non è un dato naturale da relegare in cronaca nera.
E quando si nomina si costruiscono anche le categorie indispensabili per prevenire. Nessuno ha mai ipotizzato che prevedere il delitto di associazione di tipo mafioso stroncasse la criminalità organizzata, ciononostante l’art. 416 bis c.p. ha costituito un potentissimo strumento, culturale e giuridico, non solo per punirne gli appartenenti, ma anche per stabilire, con il decisivo contibuto interpretativo della comunità giuridica del paese, delle associazioni e della società civile, cosa fosse la mafia.
I femminicidi non diminuiranno dando loro un nome, ma esisteranno con un nuovo lessico, allineato alla loro matrice, e l’Italia diventerà un modello trainante, nel mondo dei diritti, di uomini e donne libere.
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