La consultazione può avere una funzione tattica o una funzione democratica. La prima, per definizione, annulla sempre la seconda. Non conta più (o non conta tanto) stabilire l’esatta volontà degli elettori, ma usare lo strumento per condurre battaglie politiche. Forse andrebbe ripensato il ruolo del quorum
I referendum hanno due tipi di funzione. C’è una funzione democratica. Il referendum è l’appello diretto al popolo, per integrare, confermare o talvolta supplire ai risultati dell’attività legislativa delle camere.
Il referendum rafforza la connessione fra decisioni democratiche e volontà del popolo. Nel caso dei referendum costituzionali, il punto è assicurare super-maggioranze a sostegno o contro modifiche della Costituzione. Nel caso di referendum su altre materie, l’obiettivo è stabilire gli orientamenti degli elettori e delle elettrici su questioni particolarmente controverse.
Usare i referendum
La seconda funzione dei referendum è tattica. I referendum si possono usare, e sono stati usati, per dare spallate al governo in carica o per rafforzarlo. La casistica è la più varia. Le intenzioni di Elly Schlein e Maurizio Landini, oggi, sono chiarissime.
Come chiare erano quelle di Matteo Renzi nel 2016 (che provò a rafforzare il proprio governo, e dovette dimettersi). E chiare sono state le conseguenze politiche del referendum sull’acqua e il nucleare per il governo Berlusconi nel 2011 (che ne venne indebolito), di quello sulla cosiddetta devolution nel 2006 per il governo Prodi (che ne venne rafforzato).
Conseguenze politiche ebbero anche due referendum abbastanza recenti che non raggiunsero il quorum, quello sulla procreazione assistita del 2005 e quello sull’estensione dell’articolo 18 alle imprese con meno di 15 dipendenti del 2003. La funzione tattica del referendum si può ottenere sia che il quorum venga raggiunto, sia che non venga raggiunto.
Quale funzione?
La domanda che ci si dovrebbe porre (e si dovrebbero porre le forze politiche responsabili e democratiche) è: quale delle due funzioni è più importante? Questa domanda è cruciale quando le due funzioni siano in contrasto. E forse questo accade quasi sempre.
La funzione tattica, per definizione, annulla quasi sempre la funzione democratica del referendum. Non conta più (o non conta tanto) stabilire l’esatta volontà degli elettori, ma usare lo strumento per condurre battaglie politiche.
Da un lato, questo è del tutto legittimo. Tutto è politico, tutti i mezzi non violenti e rispettosi dei diritti si possono usare per battaglie politiche. Dall’altro, però, logorare lo strumento referendario può avere conseguenze di lungo periodo che indeboliscono la democrazia. Due esiti sono possibili. Da un lato, rafforzare tendenze accentratrici: se il quorum non si raggiunge, avrà buon gioco chi, cavalcando il presunto disinteresse dei cittadini per certi temi, vuole o abbandonare questi temi o accentrare le decisioni. Andate al mare, ci pensiamo noi.
Dall’altro, incoraggiare tendenze opposte: se il quorum si raggiunge, avrà buon gioco chi sostiene che su tutto si dovrebbe chiedere il parere dei cittadini e delle cittadine, senza considerare la complessità delle questioni, il ruolo degli esperti – il sogno della democrazia diretta di molti movimenti come i Cinque stelle della prima ora. Conservare al referendum la sua funzione primaria richiederebbe di stare attenti a farne un uso totalmente tattico.
Il ruolo del quorum
Questo, forse, dovrebbe farci anche riflettere sulla funzione del quorum. Da un lato, il quorum aiuta la prima funzione – quella di dare espressione a maggioranze di opinione. Dall’altro, rende molto facile usare i referendum in maniera tattica. Anche perché il quorum schiaccia due differenti intenzioni di voto sullo stesso risultato.
Chi si astiene dice: «Non ho idee chiare su questo problema. Mi affido alle decisioni dei rappresentanti eletti e al parere degli esperti». Chi vota no dice: «Ho idee chiare: non voglio che la legge sia abrogata o che la modifica costituzionale entri in vigore». Ma le due intenzioni di voto portano allo stesso risultato. Astenersi è come votare no. Almeno lo è se si guarda alla prima funzione, verificare la volontà degli elettori.
Ovviamente, una cospicua astensione ha un significato politico forse diverso rispetto a una percentuale massiccia di no. Tuttavia, il quorum ha l’effetto di unire le due funzioni, cosa che forse si dovrebbe evitare, riconfigurando il quorum o ripensandolo. Il futuro dei referendum si garantisce conservandone la funzione democratica, non quella tattica.
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