L’Italia ha un sistema elettorale a carattere maggioritario, dove per vincere è necessario allearsi, ma molti sembrano non saperlo oppure ritengono che il vero obiettivo di una tornata elettorale non sia vincere per governare il paese, ma solo avere una qualche rappresentanza in parlamento o in un Consiglio Regionale di cui vantarsi.

A destra questa realtà è stata ben compresa e difatti abbiamo una coalizione tra tre partiti molto disomogenei, tanto che uno era all’opposizione e gli altri due al governo nella passata legislatura. A sinistra, invece, sembra che si giochi un’altra partita, al punto che i principali partiti, che avevano collaborato tutti assieme nel governo Draghi, non hanno voluto trovare un accordo elettorale e sono stati tutti sconfitti.

Nelle passate elezioni del 25 settembre, un solo partito, FdI, ha vinto, mentre tutti gli altri hanno perso platealmente, alcuni dimezzando o più i loro voti.

Ma a destra hanno capito che giocavano con un sistema elettorale maggioritario e anche i partiti che hanno perso voti hanno comunque contribuito alla vittoria.

Invece, a sinistra solo il Pd ha riconosciuto di aver perso le elezioni e, coerentemente, il segretario Enrico Letta si è dimesso, malgrado il suo partito abbia mantenuto più o meno il suo peso parlamentare, convocando un congresso per definire una nuova linea di partito ed eleggere un nuovo segretario.

Al contrario, i piccoli partiti che hanno rifiutato di allearsi, come Azione, Italia Viva e il Movimento 5 Stelle, cantano vittoria, non si sa di che cosa, pur avendo perso le elezioni e perso molti voti: paradossalmente, appaiono soddisfatti di aver perso e sperano di rosicchiare voti dal Pd conclamando un’avversione reciproca che li condurrà a perenni sconfitte.

Il prossimo anno si voterà per due importanti regioni, Lazio e Lombardia, ed ancora una volta si profila un’ipotesi di coalizione a destra e di divisioni a sinistra. La ragione principale sembra essere quella di leader ormai abbarbicati alle loro posizioni con idiosincrasie storiche e antipatie radicate.

Sarebbe bene, come ha fatto Letta, che anche gli altri leader (Conte, Renzi e Calenda), che hanno clamorosamente perso le elezioni, si facessero da parte e lasciassero emergere nuove personalità, prive di antichi tabù e capaci, perciò, di riprendere la via del dialogo per partecipare al gioco elettorale che, essendo di natura maggioritario, necessita di coalizioni per poter conseguire un risultato utile, come ha sottolineato Gianluca Passarelli su questo giornale.

Se non lo si capisce e si gioca un’altra partita, gli elettori ne trarranno le loro conclusioni rifiutandosi di votare inutilmente solo per far piacere all’ego di qualche capo partito.

Perché il paese possa avere una reale dialettica politica con un sistema elettorale maggioritario, occorre avere due coalizioni che si fronteggiano: lo possono decidere coloro che sono a capo dei diversi partiti, come avviene a destra, o dovranno deciderlo gli elettori, a sinistra, concentrando i loro voti sui partiti che desiderano collaborare per vincere le elezioni e non solo per assicurare qualche posto in parlamento a chi non ha altro da fare nella vita. Ma questa seconda è una via che prenderà molto tempo.

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