La proposta di Enrico Letta che coinvolge l’imposta di successione ha sofferto di difetti di comunicazione, nel modo e nei tempi con cui è stata fatta nonché nella forma della risposta del governo. Il dibattito che ha suscitato mostra però uno dei molti nodi del nostro sistema fiscale che potranno essere riconsiderati solo nell’ambito di una sua organica riforma ma che non è bene lasciar pendenti. Nodi complessi ma che è urgente affrontare.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi promise questa riforma nel discorso per la fiducia al Senato. Fece allora l’esempio danese del 2008 che coinvolse una commissione di esperti. Precisò che va tenuto conto delle complesse interazioni fra le diverse imposte da ridisegnare organicamente. Alla riforma d’insieme rinviò poi anche il giornalista che gli chiese il parere sulla proposta Letta.

Quando? Il Pnrr contempla la riforma fiscale come “riforma di accompagnamento”, ricordando che è stata richiamata nelle “raccomandazioni specifiche” all’Italia dell’Ue. Il fatto di «non essere ricompresa nel perimetro delle azioni previste dal Piano» (pagin78) può suscitare dubbi sulla determinazione politica con cui si vuol procedere celermente alla «definizione di un sistema fiscale certo ed equo. È ribadita l’intenzione di partire da “un’analisi operata da esperti». Ci si «impegna a presentare al parlamento, entro il 31 luglio 2021, una legge di delega da attuarsi per il tramite di uno o più decreti legislativi delegati» che terrà conto dell’indagine conoscitiva in corso presso le Commissioni parlamentari. La commissione di esperti sarà invece istituita solo dopo l’approvazione della legge delega. Non ci sono cenni ai tempi della possibile implementazione. Chi è dubbioso sul “quando” non viene rassicurato.

Servirebbe subito qualche riflessione ufficiale. Un altro incidente tipo il fraintendimento con Letta nuocerebbe alla credibilità riformista del governo. L’incertezza è politicamente equivoca e dannosa per le prossime decisioni dei contribuenti.

Il perimetro di una possibile riforma andrebbe anticipato, magari istituendo fin d’ora un nucleo-guida della futura Commissione di esperti cui affidare una mission politica chiara fin dall’inizio, che non spetta ai tecnici ma dalla quale essi non possono prescindere. Il dibattito nel Parlamento e nell’opinione pubblica non andrebbe rimandato ma favorito e insieme canalizzato con autorevolezza da chi imposta il lavoro, per non esser strumentalizzato con bisticci di immagine. 

Fra gli aspetti che la sollecita definizione di obiettivi e di intenzioni dovrebbe precisare vi è senz’altro quello di un impegno a non limitarsi alla revisione dell’Irpef e di comprendere il ripensamento dell’imposizione su patrimonio ed eredità, cruciale per il riordino, l’efficienza d’insieme e l’equità distributiva dell’intero sistema fiscale.

Le raccomandazioni dell’Ue richiamate nel Pnrr nel 2019 chiedevano di “spostare la pressione fiscale dal lavoro”, ma per il 2017 erano state più esplicite: “trasferire il carico fiscale dai fattori di produzione al consumo e al patrimonio”.

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