Se oggi ci sono ancora gli anticorpi per ribattere con argomentazioni forti a queste manipolazioni, il grosso rischio è che, andando avanti di questo passo, le future generazioni studieranno una storia come quella orwelliana, prodotta dal Ministero della verità
Uno spettro si aggira sull’Italia ed è quello dell’oblio, della scomparsa della memoria storica. La storia, si sa, è sempre stata vittima dello sguardo con cui la si legge, dell’epoca in cui la si rievoca.
«Tutta la storia è storia contemporanea», diceva Benedetto Croce e George Orwell ha magistralmente descritto come la si possa manipolare e riscrivere secondo le volontà di chi governa. Quella descritta in 1984 era però una società distopica (all’epoca), dittatoriale e si sa che ogni dittatura agisce pesantemente sulla memoria storica.
In una democrazia contemporanea ci si aspetta certamente un dibattito, ma un certo grado di obiettività, invece, molti, troppi esponenti di questo governo sembrano voler forzare, e pesantemente, la mano agli eventi del passato che riguardano la loro ideologia.
Ne aveva già dato un illuminante esempio la seconda carica dello Stato Ignazio La Russa, definendo «una banda di pensionati» le SS uccise in via Rasella, ma domenica 12 ottobre si è riusciti a fare anche di peggio.
La ministra per la famiglia Eugenia Roccella ha puntato il dito sui viaggi di studio organizzati dalle scuole ad Auschwitz con queste parole: «Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz, cosa sono state? Sono state gite? A che cosa sono servite? Secondo me, sono state incoraggiate e valorizzate perché servivano a dirci che l'antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, e collocato in una precisa area: il fascismo».
Già definire “gite” questi momenti di profonda riflessione su una tragedia come la Shoah, è un insulto a tutte quelle insegnanti e a quegli insegnanti che si prodigano nell’arricchire i programmi di studio con esperienze che per i loro studenti sono non solo formative, ma anche emozionalmente toccanti, ma il resto è anche peggio.
Usare l’antisemitismo per quasi assolvere il fascismo rasenta la follia, oltre che innescare dubbi sulle responsabilità dell’epoca mussoliniana.
La deportazione nei lager di migliaia di ebrei, ma non dimentichiamo anche di comunisti o sospetti tali e di zingari italiani, è stata possibile grazia all’attiva collaborazione del governo di allora.
Tale nefandezza storica viene invece ritorta, per attaccare chi oggi critica Israele, il ché sia ben chiaro non ha nulla a che vedere con gli episodi di antisemitismo, che certamente sono avvenuti e che vanno condannati. Per coprire la vergognosa connivenza del governo Meloni con il massacro dei palestinesi di Gaza.
Questa e altre forme di manipolazione della storia non sono solo boutade, che si esauriscono nella polemica di qualche giorno. Queste affermazioni, sommate alle nuove linee guida per l’insegnamento della storia, al tentativo di bloccare alcuni testi scolastici che contengono passaggi non graditi al governo, all’occupazione di molti talk show televisivi, contribuiscono a diffondere una visione quanto mai revisionista del nostro passato.
Se oggi ci sono ancora gli anticorpi per ribattere con argomentazioni forti a queste manipolazioni, il grosso rischio è che, andando avanti di questo passo, le future generazioni studieranno una storia come quella orwelliana, prodotta dal Ministero della verità, in cui si risusciterà il (mai del tutto sopito a dire il vero) mito degli italiani “brava gente”, si rievocherà la “missione civilizzatrice in Africa”, che la tragedia delle foibe nacque dal nulla, che il fascismo in fondo non è stato così negativo, che le Brigate rosse erano una costola del Pci e così via.
La storia piegata alla deriva identitaria che caratterizza questo governo, come quando Giorgia Meloni ha detto che alle Fosse Ardeatine: «335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani», omettendo che quelle vittime non erano italiani qualsiasi, ma detenuti politici (civili e militari), ebrei o semplici sospetti di opposizione politica, scelti dalle autorità tedesche, capeggiate da Kappler, d’intesa col questore fascista di Roma Pietro Caruso.
Questo è il grande rischio che corriamo, che corrono in particolare le generazioni future, perché come disse il filosofo ispano-americano George Santayana: «Chi non conosce il proprio passato è condannato a ripeterlo».
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