Sono 23mila al giorno i «forzati del tronchetto» e visto come stanno andando le cose sono davvero sfortunati. Il tronchetto è il nome che in gergo è stato dato a 11 chilometri di autostrada tra la barriera Roma est della A 24, la Strada dei parchi del gruppo Toto, e via Palmiro Togliatti.

I forzati sono i cittadini che vivono nel quadrante est della città, municipi Quarto, Quinto e Sesto, Settecamini, Case Rosse, Ponte di Nona, Lunghezza, intrappolati dal tronchetto e costretti a spostarsi utilizzando quasi obbligatoriamente solo quello pagando un pedaggio. Che non è poco per chi deve andare avanti e indietro: 1,70 euro a Lunghezza, 1,30 a Ponte di Nona, 1 euro a Settecamini e quasi sempre l’importo va raddoppiato, andata e ritorno durante la giornata. In totale sono quasi 18 milioni di euro l’anno che vanno a finire nelle casse dei Toto e che rendono i cittadini di quel grande spicchio di Roma un po’ meno cittadini degli altri.

Ogni volta che per spostarsi devono mettersi le mani in tasca è come se per loro valesse di meno il diritto alla mobilità garantito dalla Costituzione. Sono anche sfortunati i pendolari di Roma est perché dopo tanti soldi sborsati e tante proteste finite sempre in nulla, finalmente la politica, sia quella romana sia quella nazionale, si era accorta di loro. Però è durato poco perché le baruffe ministeriali li hanno ricacciati indietro.

Proprio alla vigilia delle elezioni i candidati alle comunali si sono resi conto che i voti dei forzati dell’autostrada non valgono meno degli altri. Ad aprile la sindaca uscente, Virginia Raggi (Cinque stelle) d’intesa con l’amministratore del gruppo Toto, Riccardo Mollo aveva scritto una lettera al nuovo ministro dei Trasporti (ora Mims, ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili) Enrico Giovannini chiedendo un suo intervento.

Proposta ecumenica

Più di recente, gli altri candidati sindaco (tranne Carlo Calenda) si erano aggiunti alla proposta presentandosi in cordata alla valutazione del ministro che a quel punto ha sollecitato gli uffici a trovare una soluzione. E in effetti una soluzione è stata trovata e trasformata in articolato di legge confluito nella bozza di decreto sulle infrastrutture preparato dal ministero il 24 agosto, ma mai approvato dal Consiglio dei ministri.

La soluzione prevedeva che i pedaggi sarebbero stati eliminati agli utenti di classe A, cioè alle auto normali e inoltre sarebbero stati abbassati i pedaggi anche sul resto dell’autostrada. Il gruppo Toto avrebbe incassato di meno, ovviamente, ma avrebbe recuperato i soldi con la riduzione di circa 30 milioni di euro a cominciare dalle rate del 2019 sul canone che ammonta a circa 55 milioni e che in base alla convenzione ogni anno dovrebbe pagare ad Anas.

Dovrebbe perché in realtà da diversi anni quella cifra Toto non la versa nelle casse dell’azienda pubblica delle strade, ma la deposita in banca su un conto dedicato e la trattiene a sua disposizione.

La cifra in questione è ormai davvero imponente, poco meno di 800 milioni di euro, il braccio di ferro è in corso e non ci sono soluzioni in vista.

L’oggetto del contendere è la sorte dell’autostrada tra Roma, l’Aquila e Teramo che tutti più o meno ritengono debba essere rifatta o comunque ristrutturata da cima a fondo essendo una delle più insicure d’Italia con decine e decine di viadotti e gallerie in una zona molto pericolosa dal punto di vista sismico. Ma finora Toto e ministero non sono mai riusciti a trovarsi d’accordo su come rifarla, con quali investimenti, quali tipi di percorsi e con quali ricadute sulla convenzione la cui scadenza al momento è fissata al 2030.

Il fronte del rigore

Con l’avallo del ministro e l’appoggio dei candidati sindaci per i forzati del tronchetto sembrava cosa fatta. E invece no, la proposta di eliminare i pedaggi e di scontare il canone autostradale a Toto è stata severamente bocciata a palazzo Chigi. L’opposizione più determinata dicono sia arrivata da Francesco Giavazzi, economista, editorialista del Corriere della Sera e ora consigliere economico del capo del governo, Mario Draghi. Il quale Giavazzi non è in grande sintonia con il ministro Giovannini e con il suo capo di gabinetto, Alberto Stancanelli. Secondo palazzo Chigi, la soluzione prospettata sarebbe risultata troppo onerosa per le casse pubbliche e eccessivamente vantaggiosa per il concessionario. Insomma, un regalo a Toto.

Il quale non l’ha presa affatto bene la bocciatura, per di più su un progetto concordato con il ministero e già rimugina di rimettere le cose a posto dal suo punto di vista con un aumento a partire dal primo gennaio dei pedaggi su tutto il percorso autostradale addirittura del 28 per cento. Così i forzati del tronchetto sarebbero serviti due volte: niente eliminazione dei pedaggi e aumento di quelli esistenti.

E’ da quando furono costruiti quegli 11 chilometri di autostrada aggiuntiva che si insinuavano fin dentro Roma che ai forzati del tronchetto non è andata bene. A quei tempi c’era Walter Veltroni come sindaco e nell’accordo con il gruppo Toto volle che fosse inserita anche la costruzione delle complanari, entrate in effetti in esercizio alcuni anni più tardi, ad aprile del 2014, ma non sono stati fatti gli altri lavori previsti per liberare dal vincolo autostradale la zona est della città.

L’Anas avrebbe dovuto costruire altre complanari sul Grande raccordo anulare, si sarebbero dovute ampliare la Tiburtina e la Collatina, si sarebbero dovuti fare i parcheggi di scambio treno-gomma e avrebbero dovuto costruire una metropolitana di superficie su via Togliatti. Chissà se mai li faranno, intanto i pedaggi restano.

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