La Russia per la prima volta dal 1945 viola la sovranità di una nazione europea ricorrendo alla forza militare; usa armi proibite, come le bombe a grappolo; e bombarda centri abitati uccidendo civili. A tanta brutalità l’occidente oppone l’arma delle sanzioni economiche, ma che dovrebbero essere applicate con maggior determinazione e fermezza, specie da parte europea, per essere efficaci.

Si è decisa l’esclusione delle banche russe dal sistema Swift, ma l’Europa, a differenza di Usa e UK, ha deciso di mantenere i rapporti con alcune (tra cui Sberbank, la principale banca di stato) per preservare la possibilità di pagare le forniture energetiche. Così si è ridotto l’efficacia di un sistema di per sé già poco efficace.

Swift è il sistema con cui le banche comunicano il trasferimento di fondi internazionali. Il trasferimento effettivo avviene attraverso le banche corrispondenti, ovvero attraverso conti in valuta estera detenuti presso banche nei principali centri finanziari del mondo.

Se anche tutte le banche russe fossero escluse, basterebbe che una banca di un paese terzo aderente allo Swift agisca da intermediario paravento nel trasferimento dei fondi per aggirare l’esclusione. O si potrebbe pagare tramite Swift una società occidentale (non sanzionata) affiliata a una russa. Oppure si potrebbe usare un altro sistema di messaggistica come il cinese Chips (oggi limitato al renminbi), al quale alcune banche dello Swift potrebbero aderire. 

La titubanza europea a bandire tutte le banche russe da Swift, per paura di non poter pagare le forniture energetiche, dimostra una scarsa comprensione del funzionamento dei mercati finanziari (e spiega perché l’euro non è mai diventata una moneta di riserva globale), o una timidezza che non aiuta fermare i carri armati di Putin.

La mossa americana

La vera efficacia della guerra finanziaria è dovuta all’approccio americano: sequestrare le attività detenute all’estero da entità o individui russi, a cominciare dalle riserve valutarie della Banca Centrale Russa; e imporre pesanti sanzioni a chiunque operi con imprese, individui, banche o istituzioni russe sanzionate.

Dei 638 miliardi di riserve che la Russia aveva accumulato 463 sono attività finanziarie denominate in larga parte in dollari ed euro, che ora non possono più essere utilizzate in nessun modo: innescando così una pesante svalutazione del rublo (40 per cento contro euro al cambio ufficiale).

Per difendere il cambio la Russia ha quindi dovuto imporre un blocco ai movimenti valutari, impedendo i pagamenti in valuta estera (e commissioni proibitive per acquistarla), che causerà una catena di default sul debito russo in valuta estera.

Bloccati anche i pagamenti alle società di leasing occidentali che finanziano, per esempio, gli aerei di Aeroflot e i jet degli oligarchi, che sarebbero messi sotto sequestro un domani se atterrassero in un aeroporto occidentale.

Le due principali istituzioni che fungono da registro per gli scambi delle attività finanziarie, Clearstream e Euroclear, non accettano più transazioni in rubli mandando di fatto in default anche il debito in valuta locale detenuto all’estero, che non può più essere emesso, venduto o rimborsato alla scadenza.

Le Borse occidentali bandiscono la negoziazione di azioni di società russe, e gli intermediari si astengono dagli scambi sulle attività di entità russe per paura di essere sanzionati nel caso la controparte risultasse essere sulla lista nera, o avere i fondi bloccati.

Basti ricordare che le banche occidentali hanno pagato complessivamente 12 miliardi alle autorità americane per aver violato le sanzioni all’Iran. Per la stessa ragione, il sistema di pagamenti di Visa e Mastercard è precluso in Russia.

L’economia reale bloccata 

Stato e imprese russe sono quindi tagliati fuori dal mercato internazionale dei capitali e del credito.

Inoltre, il timore di sanzioni e dello stigma che colpirebbe chi facesse affari con chi bombarda i civili, sta causando il blocco di attività commerciali e di interscambio, anche se non soggette a sanzioni.

Così i principiali armatori si rifiutano di trasportare container da e verso la Russia, anche perché banche e assicurazioni rifiutano di finanziare e assicurare il carico. BP per prima ha dismesso, anche se non tenuta a farlo, il suo 20 percento in Rosfnet, prima società petrolifera russa, accettando una perdita che potrebbe arrivare a 25 miliardi.

Shell ha bloccato il finanziamento di Nord Stream 2 che è stata messa in liquidazione. A ruota Exxon e Equinor hanno tagliato gli investimenti in Russia. L’intera industria automobilista mondiale (parrebbe ad eccezione della franco-italiana Stellantis) ha interrotto la produzione locale, le joint venture e le esportazioni di auto.

Sempre più grandi imprese annunciano l’uscita dalla Russia: Disney, Apple, Nike, Siemens, Boeing, Carlsberg, ma anche grandi studi legali e società di consulenza. La cautela delle imprese italiane nel farlo dovrebbe riempirci di vergogna.

La risposta della banca centrale

La Banca Centrale russa dovrà stampare moneta per mantenere la liquidità delle banche locali. L’eccesso di offerta di moneta e la svalutazione del rublo causeranno un’inflazione elevata, falcidiando il reddito del cittadino medio.

La spesa pubblica dovrà essere finanziata drenando maggiormente il risparmio privato e, per questo, il tasso sul debito pubblico in rubli è salito al 20 per cento, portando il costo del denaro a livelli insostenibili per molti debitori locali. L’attività in rubli sulle criptovalute è esplosa, ma è una goccia nel mare.

La Russia può contare su 130 miliardi di riserve auree, ma trovare un compratore, anche a prezzi scontati, per queste quantità è impossibile. Potrebbe utilizzare l’oro come garanzia a fronte di prestiti in valuta dalla Cina. Allo stesso modo, potrebbe utilizzare i circa 140 miliardi di titoli in renminbi che detiene per comprare beni dalla Cina ed eludere l’embargo occidentale, oltre a venderle gas in cambio di moneta cinese da usare allo stesso scopo.

Dubito, però, che nel prossimo futuro la Cina sarà disponibile a venire in soccorso alla Russia, pur condividendo l’ostilità verso gli Stati Uniti. Il sequestro delle riserve della Banca Centrale Russa è servito anche da monito alla Cina che ha quasi il 70 per cento dei suoi 3.300 miliardi di riserve in dollari ed euro.

Il renminbi non è una vera moneta di riserva, perché ancora soggetta a controlli sui movimenti di capitale e usata, fuori dalla Cina, principalmente nei paesi che si sono indebitati in quella moneta per finanziare i progetti della Via della Seta. Ma soprattutto la Cina, alle prese con una crisi finanziaria interna e banche di stato dai bilanci fallimentari, ha ancora bisogno in modo cruciale dall’export verso l’occidente e i suoi alleati nel pacifico (1.500 miliardi negli ultimi 12 mesi) per sostenere la crescita.

Il rischio di sanzioni occidentali oggi è dunque proibitivo, e un aiuto massiccio alla Russia eccessivamente rischioso. E ci vorrà ancora molto tempo prima che la Cina acquisisca l’indipendenza dai mercati finanziari occidentali e dal dollaro.  

Il roblema del petrolio 

Anche gli introiti dall’esportazione del greggio si riducono. Nonostante l’impennata del prezzo nessuna nave occidentale vuole trasportare greggio russo per paura di sanzioni e mancanza di finanziatori; e le navi russe non possono attraccare in porti occidentali per timore del sequestro. Una grossa partita di greggio russo in questi giorni è stata offerta col 20 per cento di sconto rispetto al Brent, ma nessuno l’ha comprata. E i Sauditi gioiscono nel vedere un loro acerrimo concorrente in crisi.

Se l’economia russa non è ancora al collasso, è proprio per via degli acquisti europei di gas, che finanziano la guerra a cui ci vorremmo opporre. Ma nella situazione in cui la Russia si ritrova è più lei a temere la perdita di questo fondamentale introito. L’Europa dovrebbe chiudere subito tutti i nuovi acquisti di gas, annichilendo le entrate della Russia; e predisporre le misure per ridurre in un anno la dipendenza dal gas come proposto dall’International Energy Agency.

La Cina potrebbe assorbire solo una frazione dell’eventuale surplus. Putin verrebbe messo di fronte all’alternativa fra diventare un’altra Corea del Nord o negoziare la fine della guerra. Quello tra Europa e Russia è un gioco in cui vince chi ha più coraggio. Un coraggio che le immagini dall’Ucraina, che sembrano scattate 80 anni fa, ci dovrebbe dare. Anche per evitare che, dopo l’Ucraina, ci sia un’altra guerra in Europa.

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