Davvero possiamo solo sperare che non si aggravi la crisi del gas e prepararci a far ripartire centrali a carbone e petrolio? A leggere gli ultimi provvedimenti sull’energia del governo Draghi i prossimi anni assomiglieranno molto a quelli che abbiamo vissuto, in balia delle oscillazioni dei prezzi sui mercati e in cerca tra l’Algeria, la Libia e l’Azerbaijan di interlocutori meno pericolosi e inaffidabili di Putin.

Eppure, questa ennesima crisi energetica è diversa dal passato, oggi disponiamo di tecnologie che possono portarci nel giro di dieci anni fuori da questa situazione, ma dobbiamo decidere di cambiare scenario e di conseguenza puntare a ridurre progressivamente consumi e importazioni di gas. Come sta facendo la Germania, che ha aperto il confronto politico sull’anticipazione al 2035 dell’obiettivo di arrivare al 100 per cento da fonti rinnovabili per tutti i consumi elettrici.

Di sicuro non possiamo più continuare a vivere in questa ipocrisia, lamentandoci per la dipendenza dalla Russia e poi non fare nulla per ridurre gli oltre 70 miliardi di metri cubi che consumiamo ogni anno.

Efficienza e alternative

Come se ne esce? Con una strategia e scelte chiare per rendere davvero vantaggioso e semplice realizzare interventi di efficienza energetica, mentre in parallelo crescono le rinnovabili elettriche e il biometano da agricoltura e rifiuti.

Non è utopia, questa prospettiva nei prossimi anni diventerà sempre più economica e il cambiamento irreversibile, come quello che ha portato le lampadine a led e le caldaie a condensazione ad essere le uniche in commercio. Ma ora dobbiamo andare oltre quei risultati, per cui va aperto un confronto sulle scelte da intraprendere subito.

La prima questione da aggredire è il supporto alle imprese per ridurre consumi di gas che rappresentano circa il 18 per cento del totale italiano. Tutti gli interventi su macchinari, processi produttivi e di autoproduzione da rinnovabili devono poter accedere a incentivi che premiano la maggiore efficienza e beneficiare di prestiti a tassi agevolati.

Oggi non è così, il sistema dei certificati bianchi è complicato e inefficace, va profondamente ripensato e semplificato, raddoppiando gli obiettivi previsti annualmente. Non esiste un problema di finanziamento, visto che è un meccanismo di mercato a carico dei distributori che stanno guadagnando come nessuno in questi mesi.

Il secondo grande campo di intervento riguarda i consumi civili, la voce più rilevante con oltre il 43 per cento del gas bruciato in Italia ogni anno. Qui il governo deve mandare messaggi chiari e far capire che lo scenario è cambiato: dal 2023 tutti i nuovi edifici potranno utilizzare solo sistemi di riscaldamento a emissioni zero.

Troppo ambizioso? Molti  non sanno che già dal 2021, in attuazione di direttive europee, è obbligatorio raggiungere uno standard NZEB, ossia di energia quasi zero, grazie a una progettazione attenta a ridurre i fabbisogni termici che, con l’utilizzo di pompe di calore e fotovoltaico, consente di avere edifici con consumi e bollette bassissime senza utilizzare fonti fossili.

Ma una scelta altrettanto coerente va presa per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, dove oggi si può ottenere il 110 per cento di incentivo anche per interventi che portano una casa in classe E, continuando a sprecare metano in caldaie pagate con risorse pubbliche e del Pnrr.

Non sprechiamo questa crisi

Le analisi del Cresme raccontano che lo Stato dalle detrazioni sulle riqualificazioni recupera fino al 50 per cento della spesa grazie a Iva e tasse, tutto quello che viene dato in più deve andare a interventi che riducono davvero i consumi e a tecnologie a zero emissioni.

Anche nell’edilizia pubblica non si può accettare che gli interventi per rendere più sicure e meno fredde le scuole procedano tanto a rilento. Gli incentivi in vigore sono inadeguati, poco conosciuti e utilizzati.

Il governo deve intervenire dando certezze ai Comuni di finanziamento per la ristrutturazione di asili, scuole, ospedali, edilizia residenziale pubblica con riduzioni drastiche dei consumi e il passaggio a pompe di calore e rinnovabili al posto del gas.

Ma per rendere possibile tutto questo abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di dare supporto ai Comuni e alle imprese, che faccia monitoraggi degli interventi e verifiche sul funzionamento o meno delle politiche.

Enea fa ricerche e pubblicazioni in tanti campi, ma non quello di cui oggi avremmo bisogno. Per questo occorre creare un’agenzia nazionale dedicata ad accelerare gli interventi di efficienza energetica.

La buona notizia è che per fare tutte queste cose non servono più risorse pubbliche, ma ora non dobbiamo sprecare questa crisi per cambiare davvero scenario.

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