Uno spettro si aggira per l’Europa; non più il comunismo, ma una guerra. E questo accade per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale.

I fatti sono noti: la domanda russa di una nuova configurazione della sicurezza europea e del ruolo della Nato è stata rifiutata e la conseguenza è stata lo spiegamento di forze ai confini ucraini che, almeno secondo le dichiarazioni russe, rappresenterebbero solamente normali esercitazioni militari.

Gli Stati Uniti e gli alleati occidentali hanno visto nel vasto schieramento militare una chiara intenzione di invasione, prevedendone addirittura la data. L’intervento militare di Usa e paesi Nato è escluso, ma in caso di invasione verranno applicate nei confronti della Russia sanzioni economiche durissime, che avrebbero lo scopo di impedire l’accesso e l’uso dei mercati finanziari agli operatori pubblici e privati russi.

La Russia è sicuramente più attrezzata rispetto al 2014 per fronteggiare le sanzioni, ma queste avranno un costo economico che la Russia dovrà comunque pagare. Ciò provocherà un peggioramento della situazione economica caratterizzata da una inflazione che nel mese di gennaio ha già raggiunto il 9 per cento, con il tasso di interesse della banca centrale in crescita del 1 per cento, in uno scenario di sostanziale calo del reddito disponibile delle famiglie negli ultimi anni.

In un primo momento, di fronte a questa situazione di pericolo, i cittadini russi risponderanno probabilmente con un atteggiamento patriottico, ma esiste il rischio concreto che soprattutto fra le giovani generazioni questo atteggiamento muti nel tempo, arrivando a incolpare Putin per le sanzioni.

Ad oggi Putin si trova in una difficile situazione di stallo. Cosa fare con i 120mila uomini ammassati ai confini ucraini? Le richieste di una nuova configurazione della sicurezza europea non verranno probabilmente accolte, la Nato non verrà riformata e continuerà a difendere la sua politica di “porta aperta”.

L’Ucraina non rinuncerà alla possibilità di aderire alla Nato, anche se probabilmente la domanda di adesione non verrà avanzata subito, dato che i paesi europei, con l’esclusione di Polonia e Paesi Baltici, non hanno sicuramente l’intenzione di accoglierla.

Come si può uscire da tale situazione? Lunedì i mercati finanziari mondiali hanno testimoniato con la loro caduta quanto sia reale il timore per l’aggravarsi della crisi ucraina. L’economia Ucraina sta già molto soffrendo per la situazione di tensione bellica: la grivnia si è svalutata del 10 per cento, si registra una costante fuoriuscita di capitali e una drastica riduzione degli investimenti esteri, l’inflazione aumenta. Solo domenica 13 febbraio venti oligarchi ucraini sono volati all’estero.

In alcuni circoli si sostiene che per diminuire la tensione sarebbe necessaria la dichiarazione di una moratoria di dieci anni per accedere alla Nato. Se come è evidente l’accessione alla Nato non è possibile, di fatto l’Ucraina si troverà in stato di finlandizzazione, parola usata da Macron quando la scorsa settimana era a Mosca. Il significato di tale espressione è riassumibile in questo modo: non allineamento militare, politica amichevole nei confronti della Russia e non discriminazione dei cittadini di etnia russa in Ucraina.

Attualmente è molto difficile se non impossibile che tali posizioni siano fatte proprie dalla fragile dirigenza ucraina e la neutralità dovrebbe essere imposta dall’esterno; ma chi lo può fare?

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