Gli investimenti ferroviari nelle regioni meridionali rappresentano una parte consistente delle risorse definite per la realizzazione degli interventi previsti da un lato nel Pnrr e dall’altro nel quadro delle risorse comunitarie di coesione. Una parte quantitativamente consistente di questi finanziamenti riguarda la realizzazione del collegamento tra Salerno e Reggio Calabria.

Nell’arco del periodo esecutivo del Pnrr, vale a dire entro il 2026, si prevede di realizzare solo una tratta di 40 chilometri, per arrivare da Salerno a Romagnano. Il resto della realizzazione è posticipato negli anni successivi, peraltro senza una scadenza chiaramente definita. Per l’intero tracciato è ipotizzato un finanziamento di 27 miliardi di euro, che si aggiungono ai 10 miliardi già stanziati con il fondo complementare.

La realizzazione del collegamento ferroviario tra Salerno e Reggio Calabria non è questione laterale rispetto al volume complessivo delle risorse messe in campo per il Mezzogiorno tra Pnrr e nuovo quadro dei finanziamenti comunitari per i fondi strutturali: sui 213 miliardi di euro di investimenti previsti, questo singolo progetto vale il 17,4 per cento del totale.

Considerata anche l’ingente dimensione finanziaria del progetto, servirebbe quindi una discussione pubblica caratterizzata da estrema chiarezza per comprendere esattamente le ricadute del progetto e l’impatto che esso può determinare per la transizione ecologica e la riorganizzazione del sistema dei trasporti nel nostro paese, e nel Mezzogiorno in particolare.

Invece, il principale singolo investimento del Pnrr e del fondo complementare è ancora avvolto in un mistero tecnico particolarmente fitto: non è ancora chiaro esattamente il tracciato nel percorso calabrese, non si capisce quante decine di chilometri saranno percorsi in galleria, non è chiaro neanche il tempo di completamento dell’investimento sino all’operatività del servizio. Poiché gli effetti più significativi si registreranno proprio al completamento della intera tratta, sarebbe opportuno forse cominciare a diradare innanzitutto quest’ombra.

È un investimento inutile?

Di converso, Paolo Beria e Andrea Debernardi, in un articolo pubblicato su questo giornale, argomentano che la nuova linea è perfettamente inutile, perché l’attuale infrastruttura consentirebbe già di collegare Roma e Reggio Calabria in quattro ore e mezza. Anche per il traffico merci non serve nulla, secondo i due autori, perché il porto di Gioia Tauro è già accessibile dalle Alpi con la linea adriatica.

Come spesso accade in Italia emerge, nei momenti topici, l’inutile e dannosa teoria degli opposti estremismi. Da un lato c’è chi ritiene necessario un investimento al massimo livello di costosità, con una linea adatta anche a far transitare i treni merci e con un tracciato gravato da molte gallerie. Dall’altro lato c’è chi sostiene che non serve nulla, che tutto va già bene così, che basta utilizzare al meglio l’infrastruttura attuale.

Che nulla sia necessario, salvo gli investimenti già previsti in passato, non corrisponde al vero. La connessione ferroviaria tra linea tirrenica e linea adriatica non presenta assolutamente le caratteristiche tecniche per far circolare treni merci con caratteristiche europee per lunghezza e peso dei convogli. Quindi, per la competitività del porto di Gioia Tauro, è quanto meno indispensabile collegare in modo efficiente l’arco tirrenico sino al punto di congiunzione con la linea ferroviaria adriatica.

Dal punto di vista del traffico passeggeri di lunga percorrenza, costruire una nuova linea secondo gli standard europei dell’alta velocità, con treni almeno a 250 chilometri all’ora, è indispensabile per assicurare una frequenza di servizio e una qualità dei collegamenti con livelli di prestazione comparabili a quelli che la rete di alta velocità assicura tra Salerno e il nord del nostro paese.

Invece, realizzare, seguendo il progetto predisposto dalla Rete ferroviaria italiana, un collegamento ad alta capacità per far transitare i treni merci è una sciocchezza molto costosa. Come dimostra l’esperienza della rete Alta velocità in esercizio, sinora sostanzialmente nessun treno merci ha mai percorso l’infrastruttura realizzata nei decenni recenti, pur se sono state investite risorse che hanno aumentato di un terzo il costo complessivo dell’investimento. Ipotizzare un tracciato interno, con una quantità molto consistente di gallerie, non rende solo più costoso l’investimento, ma lo dilata nel tempo, sino a consegnarlo ai nostri nipoti.

Insomma, c’è abbondante materia per discuterne e ragionarne, per trovare quel punto di equilibrio necessario tra investimenti misurati, efficienza tecnica, miglioramento della competitività per le regioni meridionali.

Lo faremo a Napoli, il 10 maggio alle ore 17, a Palazzo Serra di Cassano, nella sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, in occasione della presentazione del Quaderno della Fondazione Per sul Pnrr e infrastrutture nel Sud.

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