Soprattutto nell'estrema sinistra, esistono da tempo posizioni di pacifismo estremo, «senza se e senza ma», coerentemente ribadite anche in occasione della proposta di riarmo avanzata dalla presidente Ursula von der Leyen. È stupefacente trovare sulla stessa linea gruppi nazionalisti poco credibili quando professano un inedito irenismo che non fa parte dell'album di famiglia. A cominciare da Salvini
All'apparenza in Europa sarebbe in atto uno scontro tra bellicisti e pacifisti ma, grattando sotto la superficie e salvo qualche eccezione che conferma la regola, in realtà siamo in presenza di una contrapposizione di più lunga durata tra europeisti e sovranisti che mina alla base la possibilità di progredire verso una piena costruzione dell'Europa unita. Aggiungendo alla moneta anche la politica estera e di difesa, mai come ora così congiunte. Sarebbe il compimento degli Stati Uniti d'Europa, vagheggiati tra gli altri del manifesto di Ventotene, non a caso oggetto di dileggio da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
È ben vero che, soprattutto nell'estrema sinistra, esistono da tempo posizioni di pacifismo estremo, «senza se e senza ma», coerentemente ribadite anche in occasione della proposta di riarmo avanzata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Ma è stupefacente ritrovare sulla stessa linea diversi gruppi nazionalisti di destra davvero poco credibili quando professano con veemenza un inedito irenismo che non fa parte dell'album di famiglia.
Partendo da casa nostra, se non fosse tragico suona ridicolo annoverare metaforicamente dietro le bandiere arcobaleno un Matteo Salvini, già adulatore di Putin e apparentato con il partito dello zar, oltre che aduso a farsi fotografare con fucili e pistole in mano. Altrettante perplessità suscitano i tentennamenti di Giorgia Meloni circa un'adesione convinta alle iniziative di Macron e Starmer (a cui va aggiunto il tedesco Merz) in evidente contrasto con il suo ministro della Difesa Guido Crosetto che in Senato ha spiegato, mimando con le mani, come solo l'equilibrio della forza possa generare la pace.
La postura (parziale) della premier e quella (assoluta) del vice-premier trovano una corrispondenza con le formazioni più euroscettiche del panorama continentale, a favore di un'Unione assai più blanda per riaffermare la supremazia degli Stati nazionali. Naturalmente l'esempio di scuola è l'Ungheria di Viktor Orbán. Non stupisce ritrovare nel mazzo il Rassemblement National di Marine le Pen, così come Alternative für Deutschland di Alice Weidel dalle conclamate venature neonaziste, gli spagnoli di Vox tanto cari a Giorgia Meloni ospite d'onore alle loro kermesse, e il populista partito della libertà d'Austria (FPO). Più un nugolo di partiti minori variamente distribuiti nei 27 Paesi dell'Unione e tutti diffidenti verso Bruxelles.
Matteo Salvini, che ha ugualmente a cuore la pace in Ucraina e la pace fiscale e lo ha detto in uno stupefacente video social, trova dunque alleati in molti di coloro che, lavandosi le mani, sono contrari alle spese militari preferendo allocare le risorse nel welfare, come se fosse perpetuabile la fase felice iniziata nel 1945 e come se nel frattempo non ci fosse stata l'invasione dell'Ucraina e l'elezione di Donald Trump negli Stati Uniti, i due fatti che cambiano totalmente la scena, segnano un punto di svolta, annunciano una rottura con il passato e l'avvio di una nuova era.
Giorgia Meloni si ostina a tenere aperto un canale con Washington per riannodare i fili di un occidente lacerato e magari riuscisse nell'intento senza assoggettarsi alla potenza che definisce noi europei «scrocconi e parassiti», tiranneggia Volodymyr Zelensky, blandisce Putin, ci bandisce dal tavolo di qualunque trattativa, ci impone i dazi (ai quali peraltro la premier suggerisce di non rispondere con la stessa moneta), e dimostra ogni giorni di perseguire un disegno imperiale sul pianeta da condividere con Mosca e con Pechino. E si è detta infine d'accordo Meloni, nella sua intervista al Financial Times, con il vicepresidente Usa JD Vance quando accusava l'Europa di essersi «persa» nel suo ruolo internazionale; deve «riprendere il suo cammino, basato su valori concreti e non su ideologie, per tornare a svolgere un ruolo di guida nel mondo». Perfetto. E come, di grazia, signora Meloni, sarebbe possibile se non emancipandosi da chi, terminato il protettorato, ci sta trattando da paria della comunità internazionale?
La riprova che sia in atto una ridefinizione delle influenze globali da cui siamo totalmente esclusi sta in un'affermazione di Vladimir Putin troppo poco sottolineata: «I progetti Usa sulla Groenlandia sono seri e hanno radici storiche di vecchia data. È una questione che non ci riguarda, coinvolge due Stati». Già, sarebbe un territorio autonomo danese. Traduzione: noi ci prendiamo ciò che vogliamo dell'Ucraina e Trump si prenda pure la Groenlandia. Così è, mentre molti leader europei continuano ciascuno a guardare al proprio “particulare”, al proprio nazionalismo.
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