La Lega per Salvini premier – già il nome è uno sgorbio istituzionale, l’Italia non ha primi ministri, ma presidenti del Consiglio –  nasce pe abbandonare alla deriva la bad company leghista, che deve al popolo italiano 49 milioni pagabili in comode rate senza interessi su 75 anni (in bilancio al valore attualizzato di 18 milioni). Questo imbroglio, peccato originale della “nuova” Lega, si riflette nelle scelte politiche e molto le condiziona. Matteo Salvini, che vorrebbe divenire “premier” fra un anno, non perde occasione per offrirsi come il campione “anti stato”, convinto che ciò gli frutti messi di voti; tale è l’opinione che ha di noi elettori.

In un’ennesima uscita, al Corriere della Sera dixit ipse: «Come abbiamo trovato un accordo evitando la tassa sulla casa e la riforma del catasto, anche sulla tutela dei lavoratori balneari troveremo l’accordo». Ce ne vuole per condensare in 24 parole tanti concetti aberranti!

È anzitutto singolare che, nella corposa legge delega sulla concorrenza, la “nuova” Lega dia battaglia proprio su questo piccolo spicchio. Alla sua visione del mondo sfuggono forse le implicazioni di altri, più cruciali, punti della legge, e non ne parleremo qui. Quanto ai concetti mirabilmente racchiusi in sole 24 parole, di nuove e giudiziose tasse avremmo gran bisogno, ma il parlamento tutto ha deciso che non se ne poteva proprio parlare. Salvini non ha evitato nulla, ha solo mendicato una modifica minima; anziché ai prezzi di mercato, il testo si riferirà ai valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare, sai la differenza!

Accanto ai balneari

Ma chi sono i “lavoratori balneari” che Salvini vuol tutelare? Se si riferisce ai dipendenti dei concessionari, finge di ignorare che essi nulla rischiano; ogni concessionario subentrante al precedente dovrà assumerli, ma egli crede che noi lo ignoriamo. Parla in realtà ai 3.300 concessionari, che pagano alla Repubblica italiana, per oltre 11mila chilometri di coste, la miseria di 100 milioni annui. I fruitori di tanto Bengodi vogliono continuare come prima e si capisce, ma che trovino una puntuta difesa dei loro interessi in chi con immotivata (e forse disperata) baldanza si candida a “premier” è surreale.

Non stupisce che Salvini tuteli i concessionari, anziché i cittadini, bisognosi di quel fresco che l’estate i condizionatori erogheranno con parsimonia. Eppure molti non possono raggiungere le rive agognate, per i tanti vincoli posti, spesso illegalmente, dai proprietari e per le proibitive tariffe imposte dai concessionari, che pagano allo stato quelle cifre misere. Con loro si schiera, generoso, Salvini.

Egli non si cura dello stato, di cui si propone come il grande nemico; non a caso costringe il presidente del Consiglio, Mario Draghi, a una forzatura procedurale, il voto di fiducia su una legge delega, prassi cui raramente si ricorre, per i contestati fondamenti legali. Vuol metterlo in difficoltà, magari umiliarlo. Bene fa Draghi a chiedere il voto entro fine mese, pur se ciò “infastidisce” la maestosa presidente del Senato; è indecoroso, e pericoloso per il Pnrr, bloccare il governo prima sulla riforma del catasto, poi sulla legge di concorrenza che, obbligatoria dal 2009, ha visto la luce solo una volta in dodici anni!

L’Italia non cresce per tanti fattori, ma nella nostra stagnazione economica, e ancor più sociale, tanto pesa la chiusura al ricambio e alla concorrenza; c’entra anche uno stato debole che, desueti i panni del gestore, dovrebbe farsi regolatore, competente e dotato di buoni denti. Cede invece, sdentato, alle pressioni di quanti dovrebbe regolare. Ce l’ha appena ricordato la Commissione europea. Di uno stato che funziona avremo sempre più bisogno, e stiamo cominciando a capirlo. Per rimediare a vecchi errori forse Salvini ne sta commettendo altri.

Il possibile “premier” ci dice: votateci e non metteremo il naso nei fatti vostri, e “le mani nelle vostre tasche”. Tale è l’idea di bene comune della destra, e gli altri partiti della vacillante coalizione, Fratelli d’Italia e Forza Italia (o i suoi residui tronconi), non sono da meno. Peccato che da troppe di quelle tasche, lo stato debba cavare i denari che chiede invece a chi mostra virtù, magari obbligata. Un tocco finale di surrealtà ce lo regala il senatore Massimo Mallegni (Forza Italia) che tuona: «Draghi si concentrasse più sulla spiaggia di Odessa che su quelle di Forte dei Marmi o Riccione». Chissà, magari vuol solo fare un numero a Zelig.

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