Sono stati emanati gli attesi provvedimenti natalizi. Il 2 dicembre, con un decreto legge, il governo ha delineato la cornice del decreto del presidente del Consiglio, che puntualmente è arrivato il 3 dicembre, dopo il solito Consiglio dei ministri in piena notte.

Il “favore delle tenebre” continua a essere la cifra distintiva, e non è solo una questione di orari. Oscura è, infatti, la logica di talune misure. E il rischio è che i cittadini stentino a rispettare quelle la cui spiegazione faticano a intravedere.

Le nuove misure natalizie

Il decreto-legge dispone che «dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 è vietato (…) ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, e nelle giornate del 25 e 26 dicembre 2020 e del 1° gennaio 2021 è vietato altresì ogni spostamento tra comuni», salvo comprovate esigenze di lavoro, di necessità o di salute, oppure il rientro presso residenza, domicilio o abitazione.

Il Dpcm del 3 dicembre ribadisce la disposizione. In altri termini, non ci si può muovere tra Regioni dal 21 dicembre al 6 gennaio. Ed è vietato pure tra Comuni a Natale, Santo Stefano e Capodanno.

Nel lasso di tempo delle festività natalizie, quanto a spostamenti, si sospenderà la modulazione delle misure restrittive in relazione alle differenti zone – rosse, arancioni, gialle – in cui si collocano le varie regioni e si adotterà un’unica prescrizione valida per tutte.

Il sistema di ripartizione del paese in fasce di rischio, vantato da Conte come metodo efficace per contenere l’epidemia, a Natale va in vacanza.

La logica (che manca) sugli spostamenti

Evidentemente, il governo reputa alto il pericolo che la mobilità durante le feste alimenti la diffusione del virus. Ma la parentesi di sospensione degli spostamenti, da un lato, bloccherà chi deve lavorare fino all’ultimo giorno prima delle vacanze, con una disparità di trattamento rispetto a chi invece può muoversi anche prima perché non ha impegni.

Dall’altro lato, gli spostamenti potranno comunque verificarsi in modo massiccio nei giorni immediatamente a cavallo delle feste. Nelle stazioni non vi sarà la calca che si era vista a marzo, dopo le voci su un Dpcm restrittivo, anche perché oggi vi sono limiti al riempimento dei treni. 

I nuovi provvedimenti mirano anche a limitare visite di Natale, Santo Stefano e Capodanno ad amici e parenti che si trovano in altri Comuni, ferma restando la forte raccomandazione di non ricevere in casa «persone diverse dai conviventi», salvo che per le note esigenze o situazioni particolari.

Non si potranno incontrare coloro i quali si erano frequentati fino alla Vigilia; dall’altro lato, non ci si potrà spostare tra comuni che distano pochi chilometri l’uno dall’altro, mentre resta consentita la mobilità nell’ambito di comuni ben più ampi.

Questa è una delle disposizioni che le persone hanno più difficoltà a comprendere e alla quale, per tale motivo, probabilmente stenteranno ad adeguarsi. Se il principio è quello di limitare la circolazione nei momenti nei quali gli incontri sono più frequenti, non si capisce perché impedire contatti tra persone che negli altri giorni si vedono usualmente o imporre la convenzione geografica del confine comunale.

Certo, se fossero state consentite eccezioni e deroghe, sarebbe poi iniziato lo slalom dei cittadini tra i paletti posti, al fine di individuare margini di “movimento”. Poi, sarebbero subentrate le FAQ (Frequently Asked Questions, domande poste frequentemente) sul sito del Viminale, che sempre più - impropriamente - integrano le fonti del diritto.

È un meccanismo perverso, alimentato nel corso della pandemia, e di certo va interrotto. La soluzione, tuttavia, non sono regole prive di una comprensibile “ratio”, e il cui unico intento è quello di dissuadere chiunque da qualunque spostamento, senza lasciare alcun margine nemmeno a interpretazioni di buon senso.

Appare palese che si tratta di disposizioni dettate da un governo che non si fida dei cittadini, i quali a propria a volta tendono a diffidare di chi, nonostante la palese impreparazione alla prevista “seconda ondata”, ne ha imputato la colpa esclusivamente ai loro comportamenti estivi, senza assumersi responsabilità circa ciò che avrebbe potuto fare, e non ha fatto. Lo scarica-barile non contribuisce alla serenità natalizia.

Al ristorante solo a pranzo

Sarà possibile andare a pranzo fuori anche nei giorni delle feste, ma le attività di ristorazione continueranno a essere consentite solo fino alle 18. In altre parole, non si potrà andare a cena al ristorante. Inizialmente sembrava che il divieto sarebbe stato esteso alle intere giornate di Natale, Santo Stefano e Capodanno. Poi, come spesso accade, si è trovata una via di mezzo.

Peccato che il virus non conosca compromessi. Se prevale l’interesse alla tutela della salute, consentire l’apertura dei ristoranti a pranzo e non a cena appare una decisione senza senso. Parimenti, la decisione stessa appare senza senso se prevale l’interesse alla tutela dell’economia: non si capisce il motivo per cui gli esercizi di ristorazione non possano restare aperti a ogni pasto, nel rispetto dei protocolli e con eventuali limiti orari.

Si potrebbe osservare che il legislatore ha voluto bilanciare tutti gli interessi coinvolti. Ma, in diritto, “bilanciamento” significa individuare un obiettivo e valutare diverse opzioni idonee a perseguirlo, sulla base di criteri predefiniti.

Bilanciare, insomma, non è accontentare (che, poi, è anche deludere) più o meno tutti, senza sapere bene dove si vuole andare a parare.

Peraltro, vietare l’apertura serale dei ristoranti potrà causare lo spostamento dei commensali nelle abitazioni dell’uno o dell’altro, ove non vigono le regole di contenimento del virus che invece valgono nei ristoranti e, quindi, si è teoricamente meno garantiti.

Si scia solo dopo le feste

A partire dal 7 gennaio 2021, gli impianti sciistici saranno aperti, subordinatamente all'adozione di apposite linee guida da parte della Conferenza delle Regioni e validate dal Comitato tecnico-scientifico, rivolte a evitare aggregazioni di persone e, in genere, assembramenti.

Anche in questo caso, è palese la logica di compromesso - fra salute e istanze economiche degli addetti al settore - che impronta la decisione, ma sfugge la razionalità della stessa.

Se in coda agli skilift si corrono rischi durante le feste, gli stessi non potranno essere evitati solo perché le feste sono passate. Anche in questo caso, non è chiaro l’obiettivo che il regolatore si prefigge, salvo la volontà di tenere più o meno tutti (s)contenti.

La conferenza di Conte per spiegare il Dpcm natalizio ha spiegato poco o niente. È stata l’usuale auto-celebrazione, con lo sguardo volto alle feste.

Nemmeno un cenno al pesante carico di lutti quotidiani, né una qualche autocritica per la fallimentare gestione della pandemia degli ultimi mesi, non giustificabile dopo l’esperienza della “prima ondata”.

Appare chiaro che quella dei cittadini non è più solo sfiducia verso il decisore. Avvertono una sorta di presa in giro, e a questo sentimento può seguire la rabbia. E, a quel punto, non si sa cosa accade dopo.

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