Lo sciopero generale è illegittimo? Le ragioni del Garante e quelle della Cgil

Nel pomeriggio di giovedì 2 ottobre la Commissione di garanzia sugli scioperi ha giudicato illegittimo lo sciopero generale proclamato per il 3 ottobre a sostegno della Global Sumud Flotilla per Gaza. Il punto decisivo sta nel mancato rispetto dell’obbligo di preavviso previsto dalla legge numero 146 del 1990 per i servizi pubblici essenziali: la mobilitazione è stata annunciata senza rispettare i dieci giorni minimi richiesti per consentire di predisporre i servizi minimi e le tutele connesse. Nel provvedimento, il Garante ha ritenuto «inconferente» l’appello dei sindacati all’articolo 2, comma 7, della stessa legge, che prevede la possibilità di effettuare scioperi senza preavviso solo «nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori». Secondo la Commissione, tali circostanze non ricorrerebbero nel caso in questione. La disobbedienza “ibrida”. Perché la Flotilla ha vinto La legge sugli scioperi Il perimetro della legge numero 146/1990 non vieta gli scioperi politici, ma impone determinate forme: preavviso, garanzie minime (ad esempio nei trasporti o nella sanità), informazione all’utenza e rispetto della rarefazione (l’intervallo minimo di tempo tra due scioperi che colpiscono lo stesso servizio/settore e lo stesso bacino d’utenza, a prescindere da chi li proclami). La logica è evitare che l’interesse collettivo venga travolto da interruzioni improvvise, soprattutto quando coinvolgono trasporti, scuola, sanità, energia e altri servizi essenziali. In altre parole, il diritto di sciopero, sancito costituzionalmente, dev’essere bilanciato con altri diritti e libertà costituzionalmente garantiti, e il preavviso rientra tra le garanzie di questo bilanciamento, salvo le deroghe previste. Di qui la scelta della Commissione di valutare come illegittimo lo sciopero del 3 ottobre. Per la destra è tutto un cinepanettone, anche la Flotilla Le ragioni del Garante e quelle della Cgil Già nei giorni scorsi la Commissione aveva messo nero su bianco la propria linea di azione riguardo ai «preannunciati scioperi generali senza preavviso»: proclamazioni improvvise sarebbero state considerate illegittime e l’Autorità avrebbe vigilato sul rispetto della legge. In quella nota, la Commissione ricordava che il diritto di sciopero – pur costituzionalmente tutelato – nel perimetro dei servizi essenziali è sottoposto a regole precise a tutela di altri diritti fondamentali degli utenti (salute, mobilità, istruzione), tra cui, appunto, il preavviso. E, soprattutto, si chiariva che il comma 7 non può essere invocato per scioperi di natura politico-solidale come quelli a sostegno di Gaza. Non si tratta – secondo il Garante – di difesa dell’ordine costituzionale né di un evento direttamente lesivo dell’incolumità dei lavoratori tale da giustificare la deroga. Diversamente la pensa la Cgil, secondo cui invece ricorrerebbero proprio le condizioni che legittimano la deroga al preavviso prevista dalla legge. La mobilitazione è indetta perché, secondo il sindacato, quanto accaduto alla Flotilla, «navi civili che trasportavano cittadine e cittadini italiani», rappresenta «un attacco all’ordine costituzionale che impedisce un’azione umanitaria e di solidarietà verso la popolazione palestinese sottoposta dal governo israeliano ad una vera e propria operazione di genocidio». E ancora, secondo la Confederazione, l’intercetto da parte di Israele si configura come «un attentato diretto all’incolumità e alla sicurezza di lavoratrici e lavoratori, volontarie e volontari imbarcati», che il governo ha «abbandonato» in acque libere internazionali, «violando i nostri principi costituzionali». La Cgil, tramite il segretario Maurizio Landini, ha reso noto che impugnerà la decisione dell’Autorità dinanzi al giudice del lavoro, e lo sciopero andrà avanti. L’Autorità, a propria volta, ha già avvertito che «il mancato adeguamento» alla decisione stessa «comporta, tra l'altro, l'apertura di un procedimento di valutazione del comportamento». Ora l’ultima parola spetterà ai giudici. Nel frattempo, la protesta diffusa sulla situazione a Gaza chiede di emergere chiara e forte. Nella nobile causa della Flotilla non si può scindere l’aspetto umanitario da quello politico