In Italia, le divisioni all’interno della coalizione al governo e nell’ambito delle opposizioni su come stare in Europa e che cosa fare sono, in buona misura, fisiologiche. Infatti, sono gli italiani stessi a essere divisi e, quasi inevitabilmente, i partiti tendono a cercare quegli elettori e a dare loro rappresentanza tutto sommato, a bocce ferme, sostanzialmente fedele.

Ma le bocce non stanno mai ferme né sul territorio italiano né su quello europeo.

Anzi, da alcuni anni, il gioco, politico, economico, sociale, militare sul territorio europeo è diventato pericolosamente dinamico. Privi di una solida visione dell’Europa che vogliono e di una cultura politica federalista oppure davvero sovranista, i partiti italiani rincorrono in maniera trafelata gli avvenimenti e reagiscono in maniera spesso scomposta alle sfide.

Non può bastare riesumare, di volta in volta, quel documento tanto importante quanto poco letto che è il Manifesto di Ventotene. Vigorosamente e sarcasticamente, com’era nel suo stile, Altiero Spinelli rimprovererebbe a tutti l’opera di imbalsamazione di un testo da lui stesso superato nei fatti e nelle azioni.

Ricorderebbe anche che soltanto chi ha chiaro l’obiettivo, che per lui era la federazione politica europea, gli Stati Uniti d’Europa, può permettersi di valutare con quel criterio le scelte fatte e da fare nonché la bontà, l’utilità, la necessarietà degli obiettivi intermedi.

Risposte contingenti

Quello cui assistiamo in Italia è la produzione di reazioni, non risposte, ad hoc, contingenti e opportunistiche. Non sono le convinzioni, pro o contro l’Europa (con l’obbligo politico dei contrari a spiegare la loro posizione e a indicare le alternativa) a dominare il dibattito pubblico.

Sono le convenienze di breve respiro in termini elettoralistici.

Un pugno di voti in più cerca Matteo Salvini che non può certo allinearsi sulle acritiche posizioni europeiste di Forza Italia né mettersi a ruota del sovranismo (Make Italy Great Again) flessibile, ma credibile, della Presidente del Consiglio.

Uno spazio, forse uno sprazzo di visibilità vuole Conte giustamente temendo che parte di potenziali elettori del Movimento 5 Stelle sentano il richiamo della segretaria Elly Schlein, la quale un po’ va dove la porta il cuore un po’ dove crede ci sia qualche voto in più.

Citazioni leghiste

Poi, certo un po’ tutti tranne, forse si meritano la citazione, i parlamentari leghisti Alberto Bagnai e Claudio Borghi, riconoscono e applaudono l’alta statura europeista di Mario Draghi al quale sottrassero il potere politico che lo rendeva ancora più incisivo sulla scena europea con effetti positivi e ricadute benefiche sulla Nazione.

Rimane che le ricomposizioni al minimo comun denominatore nel governo sono molto più probabili, Salvini ha imparato a sue spese quando deve smettere di tirare la corda per non trovarsi del tutto privo di potere (e di cariche e seggi), di un riavvicinamento Cinque Stelle-Partito Democratico.

Opinionisti e burocrati

Quel che opinionisti, politici e burocrati (sic) europei vedono è una “Nazione” non del tutto affidabile nella quale non esiste il consenso di fondo su nessuna delle scelte importanti, oggi la difesa comune, nella quale i partiti non orientano e non guidano l’opinione pubblica, non cercano di “educarla” all’europeismo, ma vogliono leggerne nelle espressioni viscerali per blandirle e ottenerne il voto, occasione dopo occasione.

La preoccupazione dominante di Spinelli non riguarderebbe tanto la distanza che intercorre fra quello che lui (con Ernesto Rossi e Eugenio Colorni) consegnò al Manifesto e l’incapacità di chi si richiama a quelle posizioni di tradurle in pratica.

Proprio perché faticosamente, fra molte sconfitte, diventato saggio, come dal titolo della sua autobiografia, Spinelli vorrebbe (e con lui molti, non solo italiani) che fossero i leader politici a porsi alla guida dell’opinione pubblica europea.

Non poche sono le circostanze nelle quali alla leadership si chiede, si impone di guardare e di vedere lontano. Se non ora, quando?

© Riproduzione riservata