Enrico Letta ha avuto coraggio, quando ha messo la conquista dello ius soli come l’obiettivo più importante che si deve porre il partito. Più dell’attribuzione dei soldi del recovery, più della transizione ecologica , più della buona amministrazione. E’ lo ius soli che definirà che cos’è il Pd, ha detto Letta (o perlomeno così a me è parso di capire).

Ha detto, semplicemente, che è necessario per contrastare l’ «inverno demografico» in cui siamo immersi; un paese sempre più fatto di vecchi, una gioventù fatta di immigrati – i migliori, i più intraprendenti – prevalentemente dal Nord Africa. E se questa parte di gioventù, oggi intorno ormai al 15 per cento, non viene inclusa, sanata, aiutata, accolta, invogliata a far parte della vita pubblica con gli stessi diritti dei bianchi; se questo non avverrà, come già non è avvenuto, l’Italia sarà, semplicemente, un paese di vecchi che aspettano di morire; un paese in cui sempre di più ci sarà un apertheid di fatto, e in cui, invece di decrescere, le spinte sovraniste e xenofobe cattureranno il voto dei bianchi votanti.

Enrico Letta ha le carte in regola per dire quello che dice; il suo governo è stato l’unico, in tutta la storia d’Italia, ad avere un ministro, la dottoressa  Cecile Kyenge, proveniente da quel Congo dove recentemente è stato ucciso il nostro ambasciatore, Luca Attanasio. Ma Cecile Kyenge  - cui i leghisti gettavano banane, senza essere redarguiti, anzi considerati folkloristici - fu la prima a non essere riconfermata da Matteo Renzi, che pensava, e credo pensi ancora, che ad agitare questi temi si finisce solo per perdere voti; e che anni dopo rivelerà al principe assassino Mohammed Bin Salman, di essere geloso per «il basso prezzo della sua manodopera»; probabilmente non sapeva qual è il prezzo della manodopera africana, qui nella rinascimentale Italia.

L’indifferenza verso l’eredità leghista

E’ stato coraggioso, Letta, soprattutto all’interno del suo partito, perché ha messo questa codarda indifferenza in cima alla lista delle “vergogne” che ha ereditato. Vergogna per non essersi opposti con forza a leggi come la Bossi Fini, per non aver sostenuto i volontari che cercavano e cercano almeno di limitare l’ecatombe del Mediterraneo e, di fatto, per essersi accodati al vento che tirava, prima di Bossi (adesso passa quasi per santo, ma Bossi era un vero razzista), poi di Salvini e dei taxi del mare dei 5Stelle.

Il Pd è stato il partito del “non si può fare”, del “non ci sono i voti in parlamento”, del “non è la nostra priorità”, del “così si regalano voti alle destre”, è stato il partito in cui i pensatori erano Marco Minniti, il partito dell’ «identità, che è un grande valore»; è stato (ed è tuttora) l’unico partito di sinistra in Europa che non ha un immigrato, di prima o di seconda generazione, tra i suoi dirigenti, che non ha mai candidato un immigrato a nessuna carica elettiva, che finge di non capire come funziona il mercato del lavoro in Italia, dall’edilizia all’alimentare al sommerso e di aver scelto, in sostanza, di rinchiudersi nelle ZTL, che peraltro vivono di badanti.

(Così si scende al 15 per cento. Forse bisognerà chiedere a Stoccarda, come mai i Verdi – pro immigrati - sono arrivati al 33 per cento).

Ma ce la farà, Letta? Ce la farà ad eleggere in parlamento deputati e senatori immigrati, senza vergognarsi? Potrà diventare, vantandosene, il “partito degli immigrati”, così come Giuseppe Di Vittorio quando entrò in parlamento disse dei braccianti pugliesi: «Io rappresento i cafoni»?

Non credo Letta avrà vita facile, nei suoi propositi. E le maggiori difficoltà le avrà proprio all’interno del Pd, dove la mentalità ZTL ha preso, da tempo, il sopravvento. Però è stato bello che ci abbia provato, ancora.

Cosa può giocare a suo favore, e a favore degli immigrati? Il virus, e l’America, secondo me. Uno perché il virus è stata roba di noi bianchi, e se siamo vivi lo dobbiamo alle infermiere africane e sudamericane nelle unità intensive, e quindi un po’ di riconoscenza. E l’America, dove Joe Biden ha vinto le elezioni con i voti degli immigrati e li ha ripagati con il più grande progetto di inclusione e di welfare che la storia di un paese capitalistico abbia mai avuto. E non solo: adesso si propone di tassare i ricchi per finanziare il debito, cosa che era considerata un tabù fino a ieri.  

Quarant’anni fa Ronald Reagan fece la sua rivoluzione, dichiarando che «il governo non è la soluzione, il governo è il problema”, e quindi dando il via libera ai ricchi e ai loro animal spirits. L’altro giorno Biden, mettendo la firma sul suo piano economico, ha semplicemente detto: «è cambiato il paradigma, invece di dare i soldi ai ricchi, li diamo ai poveri».

Mica male il vento che soffia dall’America, magari arriva pure qui. Soffiando, soffiando, attraverso i campi e le (ex) officine, i popoli migranti, la grande febbre del pianeta, vedi tu che arriva anche al Nazareno….

«Sì, ma la vedo dura», disse quello che la sa lunga, sul Pd. 

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