Avete presente quelle estenuanti chiacchiere pre-partita con le quali i telecronisti riempiono lunghi minuti prima che le squadre scendano in campo? Ecco, il dibattito sul Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, finora è in quella lunga fase. Ma tra poco le squadre inizieranno a calciare il pallone, e tutto quello che si è detto finora scolorerà di fronte ai fatti concreti. Nel pre-partita c’è grande concordia. Ma a breve il governo Draghi deciderà chi gestisce nel concreto il Pnrr, e questo sarà il primo trauma, perché alla politica in questo momento interessa molto più sapere chi avrà il potere piuttosto che analizzare obiettivi e risultati del Pnrr.

A un evento di Azione, il partito di Carlo Calenda, la ministra degli Affari regionali Maria Stella Gelmini ha spiegato ieri che il governo intende dotarsi del potere di commissariare chi ritarda: che si tratti di dirigenti ministeriali o di regioni.

Ora, nessuno crede che lo stesso esecutivo che ha osservato passivamente regioni come Toscana e Lombardia vaccinare per settimane le persone sbagliate riuscirà a togliere ai presidenti di regione il potere di spesa. Ma basterà ventilare l’ipotesi per aprire un conflitto istituzionale violento.

C’è poi il problema che nessuno ha veramente chiaro cosa c’è nel Pnrr: ci sono migliaia di schede progetto, vanno studiate tutte, il documento riassuntivo è troppo vago.

Il Forum disuguaglianze e diversità animato da Fabrizio Barca ha pubblicato una delle poche analisi disponibili sul Pnrr nel suo complesso: alcuni apprezzamenti (per esempio al rafforzamento della pubblica amministrazione e sulla riforma della non autosufficienza), ma anche la denuncia di tante vaghezze. Il Forum, peraltro, osserva che alle informazioni relative al rispetto degli obiettivi intermedi (Target e Milestone) ai quali sono subordinati i rimborsi dai fondi di Next Generation Eu avranno accesso le istituzioni nazionali coinvolte, la Commissione europea, la Corte dei conti europea e l’autorità anti-corruzione. E i cittadini? Il Forum chiede piena trasparenza.

Ma la trasparenza è soltanto il prerequisito per evitare abusi. Ipotizziamo pure che tutti i soggetti coinvolti operino in piena correttezza (o, cosa più probabile, che prevalgano i sostenitori del “modello Genova” e tutte le regole vengano sospese): sono realistici gli impegni presi? Delle riforme si sa poco o nulla, già soltanto quella fiscale – che ora Draghi vuole fare con una legge delega invece che affidando tutto a una commissione di esperti, come annunciato mesi fa – basterebbe a tenere occupato un governo e un parlamento per anni.

 Quanto alla spesa per investimenti, Giuseppe Francesco Gori e Patrizia Lattarulo hanno calcolato su LaVoce.info qual è la portata degli impegni presi: nel 2020 sono state avviate opere, tra amministrazioni locali e centrali, per 39 miliardi di euro. Nei primi due anni del Pnrr dovremmo avviare lavori per 146 miliardi. E per spendere tutti i soldi del Pnrr per quelle opere entro il termine previsto di cinque anni, l’Italia dovrà triplicare la velocità di spesa. E qui stiamo parlando soltanto di spendere – che dovrebbe essere la parte facile – non di spendere bene o di raggiungere l’obiettivo che ha motivato quella spesa.

Vista la dimensione di queste sfide, insomma, non dovremmo parlare d’altro. Invece il dibattito sul Pnrr è entrano in una specie di stasi dopo che il governo ha mandato il piano a Bruxelles. Ma a breve dovrà per forza ricominciare. E non sarà indolore.

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