Poche ore sono bastate per farci capire il pericolo: WhatsApp, Facebook e Instagram sono crollati per qualche ora. Sono tutte parte della stessa azienda, e da anni non sono più soltanto social network per pubblicare foto e scambiare messaggi. Sono le infrastrutture della nostra vita.

Per stare soltanto al microcosmo del nostro giornale, via WhatsApp discutiamo con i collaboratori, che poi spesso mandano l’articolo in allegato, su Facebook e Instagram diffondiamo le notizie e cerchiamo nuovi abbonati. Un intoppo nell’impero di Mark Zuckerberg e torniamo indietro di vent’anni, ridotti ad agire soltanto sul sito web e a impaginare il giornale di carta.

Moltiplicate questi disagi alla scala dell’economia mondiale e avrete un’idea di quale potere è stato messo in mano a un singolo individuo che, assieme a pochi sodali, tra Google e Amazon, decide i nostri destini con un click.

Non ci si può stupire se WhatsApp comunica le sue nuove impostazioni di privacy, in vigore dal 15 maggio, e offre all’utente una sola opzione: «Accetta».

In una formidabile inchiesta giornalistica, il sito Politico.com ha rivelato i documenti interni di uno dei regolatori americani, al Federal Trade Commission, che ai tempi di Barack Obama ha scelto di non vedere come Google stesse costruendo un monopolio pericoloso per il mercato e la democrazia.

Per oltre vent’anni le piattaforme digitali hanno goduto di una generale benevolenza frutto di efficaci azioni di lobbying e di un equivoco sulla loro natura: non offrono servizi di cui si può fare a meno, sono inediti sistemi che intermediano dati, merci e servizi per costruire sistemi chiusi dai quali è impossibile uscire.

Ma dopo il colpo di stato silenzioso, come lo chiama l’economista Luigi Zingales, che ha visto le piattaforme silenziare un presidente degli Stati Uniti in carica, l’entità del loro potere è diventata evidente al mondo. E incidenti come quello capitato a WhatsApp, Facebook e Instagram ci fanno sentire tutti in ostaggio. In molti paesi la riscossa della politica, e dei cittadini, contro queste pericolose concentrazioni di potere è cominciata.

Sarà una battaglia dura, ma è quella che definirà il nostro futuro insieme alla sfida per fermare la crisi climatica.

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