La sinistra e la rana bollita, se la democrazia muore a piccoli passi ma nessuno se ne accorge

Davo ormai per scontato che a sinistra – accanto ai grandi classici – fosse patrimonio comune la storiella della rana bollita. È inutile ripeterla: una rana immersa nell’acqua che si riscalda, a furia di adattarsi al calore che avanza lentamente, muore. Sbagliavo anche stavolta: forse non siamo riusciti a imparare nemmeno una lezione così banale. L’ho pensato dopo aver letto non tanto la dichiarazione di Schlein al Congresso del Pse sul rischio per le democrazie rappresentato dai governi di destra, quanto le scandalizzate reazioni che ha provocato. Non mi riferisco a quelle sguaiate di Meloni: chi ha il compito di accendere il fuoco non ci avviserà che stiamo bruciando. Piuttosto alle reazioni degli “amici” che si sono subito affannati a rassicurarci sul fatto che non vi è alcun pericolo per la democrazia e che, alla fine dei conti, nessuna rana è stata maltrattata, come nei titoli finali di una serie Netflix. Intendiamoci, se Schlein si riferiva all’attentato a Ranucci, allora quel riferimento è stato improprio. Non è un dettaglio insignificante, perché è un indizio di ciò che dobbiamo cercare quando facciamo riferimento alla minaccia contemporanea nei confronti delle democrazie. Credo si possa convenire che nei confronti della libera stampa vi sia da parte di questo governo una plateale insofferenza. I giornalisti vengono spesso derisi, querelati, imbavagliati, sbeffeggiati, ignorati. Ma di certo non vengono uccisi. Applicare un principio di causalità tra l’insofferenza del governo e l’attentato a Ranucci è decisamente fuori luogo. Non disturbare il manovratore: l’opposizione secondo Meloni I passaggi critici Perché dico che questa annotazione è un indizio importante di come l’acqua stia per bollire? Perché se la democrazia muore non è perché qualcuno non rispetta le leggi, ma perché qualcuno le trasforma e le piega, soffocando alcuni principi che sono stati essenziali per tanto tempo. Non è con un nuovo assassinio di Matteotti che le democrazie moriranno, ma con un sovvertimento interno, con un progressivo scivolamento per cui ciò che prima non era tollerato ed era fuori legge finisce per diventare legge. Ecco perché le risposte minimizzanti di alcuni esponenti della sinistra m’inquietano: se la loro tranquillità è data dal fatto che nessuno (per fortuna) uccide o tortura o minaccia fisicamente, allora non siamo stati in grado di interiorizzare nemmeno l’apologo della rana bollita. Io credo invece che Schlein abbia espresso una preoccupazione reale. Mentre per qualcuno l’acqua è un po’ calda ma nella norma, per me sta ormai bollendo. Mi si permettano allora tre brevi considerazioni. In primo luogo, le destre cui fa riferimento Schlein non possono più essere studiate singolarmente. Voglio dire che dobbiamo uscire dall’illusione per cui l’Italia è un’eccezione democratica (illusione che è una delle tante eredità avvelenate dell’età berlusconiana). Mai come in questi mesi abbiamo evidenza di quanto la trasformazione della democrazia in qualcos’altro sia una tendenza coordinata che appartiene alle destre transnazionali (sul tema c’è un inaggirabile libro di Manuela Caiani edito per Il Mulino). Bisogna imparare a relativizzare e contestualizzare l’esperienza del governo Meloni: esso appartiene al problema, non è il problema. In secondo luogo, questa tendenza a decostruire la democrazia non appartiene solo alle destre, ma anche alle sinistre neoliberali. Per questo mi inquietano le interpretazioni minimizzanti di esponenti dell’opposizione. Perché colgo una sorta di resistenza all’autocritica, una pervicace adesione – nonostante tutte gli evidenti errori recenti – a un’idea di fondo per cui la trasformazione della democrazia in qualcos’altro sia un processo irreversibile, tutto sommato giusto e certamente da non ostacolare. Landini, Meloni, Schlein: come distorcere il dibattito pubblico Quando muore la democrazia Infine, la questione fondamentale non mi pare più essere se, ma quando arriva l’ebollizione. La democrazia è come la nave di Teseo: se ne sono sostituiti i pezzi e alla fine non è rimasto più nulla della sua versione originale. Qualcuno, anche a sinistra, cede alla tentazione di dire che la democrazia rimane tale anche se non conserva più nulla di sé. Io invece mi pongo la domanda: qual è il punto preciso in cui la democrazia smette di essere tale? Essa non sta morendo per un colpo di stato o per eccesso di violenza fuori legge. Sta morendo per un lungo elenco di trasformazioni che si succedono, si fanno legge e divengono irreversibili: il superamento del parlamentarismo, la messa in discussione della separazione dei poteri, il bavaglio alla magistratura e ai giornalisti, la demolizione del welfare, la mercificazione della scuola e dell’università, le leggi elettorali che sanciscono il primato del capo. È un elenco provvisorio e incompleto. Che a sinistra ci sia ancora qualcuno che lo minimizza, mi pare un errore clamoroso. Credevo che l’apologo della rana bollita fosse diventato così noto che la rana stessa avesse avuto tutto il tempo d’apprenderlo e, in questo modo, saltar fuori dall’acqua. Noi siamo la rana ed io, evidentemente, mi sbagliavo.