Orania è a oltre 8mila chilometri di distanza ma ci riguarda. Questa enclave per soli bianchi, nata dopo la fine dell’apartheid, sta catturando l’attenzione internazionale perché racconta un futuro nel quale la transizione energetica può allargare ulteriormente le distanze tra ricchi e poveri.

I 2500 abitanti – tutti Afrikaner, da statuto - hanno deciso di puntare sul solare per diventare nel giro di cinque anni indipendenti e staccarsi dalla rete elettrica nazionale, con tutti i suoi problemi di blackout e la produzione ancorata al carbone.

Questa storia da un lato ci ricorda quanto oggi le rinnovabili siano competitive, ma dall’altra ci riguarda perché anche da noi in questi giorni chi se lo può permettere investe sul solare – tanto che diverse aziende hanno sospeso gli ordini per eccesso di domanda – mentre chi più è in sofferenza per l’aumento dei prezzi ha come unica speranza gli sconti del governo.  

Questa divaricazione delle opportunità la vediamo con il superbonus, dove c’è la corsa a chiudere i cantieri nelle villette e nei condomini dei quartieri benestanti, mentre larga parte dei progetti è saltato nelle periferie per assenza di politiche capaci di fissare priorità negli interventi di riqualificazione energetica.

Rinnovabili per pochi

In Sudafrica come in California, ma anche da noi il rischio è che con prezzi delle bollette così alti si acceleri la fuga dalla rete da parte dei ricchi - che possono permettersi solare, batterie e auto elettriche -, mentre tutti gli altri sono lasciati alle dinamiche dei prezzi di gas e carbone.

Non solo, chi rimane allacciato si trova a subire aumenti legati agli oneri che servono a garantire il funzionamento di un sistema nel quale la platea si riduce. Come se ne esce?

Intanto avendo ben chiaro che la strada delle rinnovabili ha ancora enormi barriere di fronte, malgrado oramai non ci sia più partita economica con le fossili.

Perché non basta dimostrare che i tempi di rientro sono sempre più brevi, poi bisogna avere le risorse per partire e non si devono trovare ostacoli sul cammino. E sull’accesso al credito e le barriere burocratiche siamo ancora molto lontani da soluzioni che aiutino proprio chi ha meno.

Questa situazione con l’esplosione dell’inflazione legata alla guerra in Ucraina si è ulteriormente aggravata, per cui oggi è ancora più difficile che una banca finanzi l’installazione di un pannello solare a un pensionato o a chi ha un contratto precario, e vanno avanti solo i progetti di chi ha risparmi in banca e può permettersi un bravo avvocato.

La delusione Draghi

La prossima legislatura si aprirà, se possibile, nelle condizioni peggiori per ridurre i rischi di questo scenario. Perché in questi mesi il dibattito politico ha  messo nell’angolo la questione climatica e tutto ruota intorno agli impianti a gas, alle nuove estrazioni, alla ripartenza del carbone, mentre manca totalmente un progetto credibile che punti a ridurre i consumi energetici e a far crescere le rinnovabili.

Il governo Draghi ha molti meriti, ma in questo campo i risultati sono davvero deludenti e basta guardare i numeri delle installazioni di solare, eolico, sistemi di accumulo per rendersi conto che la distanza con gli altri paesi europei è cresciuta.

Il mandato del ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani si chiude senza che sia riuscito ad approvare un decreto attesissimo, quello sulle comunità energetiche, che doveva semplicemente dare il via libera a decisioni già stabilite da una direttiva europea e da un decreto Legislativo.

Attenzione a sottovalutare la portata dell’innovazione legata alla possibilità di produrre, condividere e accumulare energia prodotta da fonti rinnovabili.

Se qualcuno ancora pensa che sia una cosa suggestiva ma da figli dei fiori, che comunque avrà un impatto limitato, non ha compreso la portata dei cambiamenti in corso legati alla riduzione dei costi delle tecnologie ma soprattutto alla digitalizzazione dei dati, che permette di gestire i flussi di energia e di gestirli nel modo più efficiente possibile.

I primi nemici di questa prospettiva sono proprio i produttori e venditori di gas, che hanno assolutamente chiaro il rischio di tutta l’attenzione si sposti verso l’elettrificazione dei consumi e che si accelerino progetti di trasformazione di quartieri, condomini, distretti industriali capaci di autoprodursi l’energia di cui hanno bisogno e di scambiare quella in eccesso.

Non è un caso che questo processo trovi tanti ostacoli di fronte e non ci si deve stupire se l’attenzione nei confronti delle contraddizioni sociali della decarbonizzazione stia crescendo.

Si tratta infatti di temi solo apparentemente tecnici con enormi interessi economici in gioco, per cui dobbiamo tutti avere ben chiare le scelte da prendere per evitare che il futuro abbia le sembianze ingiuste e distopiche di Orania.

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