A uno studioso dell’America Latina fanno sorridere le notizie provenienti dagli Stati Uniti relative a presunti brogli elettorali, a minacce di ricorso alla corte suprema, a richieste di sospensione del conteggio dei voti.

Non vi è dubbio che la contestazione dei risultati elettorali, a causa di irregolarità, sia una pratica diffusa in Sudamerica. E’ frequente che lo sconfitto, indipendentemente dalla sua collocazione politica, non rispetti il verdetto delle urne.

Tuttavia, adesso al centro della scena non c’è la Bolivia, dove nel 2019 a detta della quasi totalità dei media internazionali - e, cosa ancor più grave, dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) - Evo Morales fu eletto per la quarta volta presidente grazie alla manipolazione del voto (accusa ampiamente infondata come si ‘scoprì’ solo dopo che i militari lo avevano costretto a consegnare il potere a un governo illegittimo e a scegliere la via dell’esilio). E non c’è nemmeno il Venezuela ‘bolivariano’. Le elezioni presidenziali del 2018, che sancirono la rielezione di Nicolàs Maduro, furono contestate dalle opposizioni e dalle cancellerie di molti paesi e, anche in questo caso, dall’Osa.

Ad ogni modo, sotto ai riflettori, oggi, non ci è finito il solito paese ‘sudamericano’, ma gli Stati Uniti. Tuttavia, come c’era da attendersi, in questo caso non è stato invocato l’intervento dell’Osa né, tantomeno, si è ipotizzato il ricorso a osservatori internazionali.

Non è la prima volta che le elezioni presidenziali statunitensi vengono contestate o sono oggetto di uno scontro molto teso tra le due fazioni in campo. E’ sufficiente ricordare la tornata elettorale del 2000 che vide la sconfitta di Al Gore, con il discusso conteggio dei voti in Florida e l’ambigua condotta della Corte suprema, che si oppose alla verifica delle schede elettorali.

Il confronto col Sudamerica è una una provocazione, ma fino a un certo punto. Donald Trump può essere tranquillamente paragonato, per il disprezzo verso le più basilari regole della democrazia, per la violenta retorica, la rozzezza, l’ostentata e machista leadership, il rapporto diretto con la base di consenso più radicale dei repubblicani e per il ricorso sistematico alla categoria dilatata e sacralizzata di popolo, a uno qualsiasi dei tanti populisti che hanno animato e animano la storia e il presente dell’America Latina. Una sorta di caudillo in salsa a stelle e strisce. La vicenda dei presunti brogli, ma anche la dura contrapposizione che si registra sui media e i social network tra le opposte fazioni e gli scontri in diverse città statunitensi, consentono di collocare finalmente gli Stati Uniti nel loro naturale spazio geografico, di considerarli una nazione americana al pari di tutte le altre, che, per comodità e convenzione, chiamiamo latinoamericane. Gli Stati Uniti sono e superiori sul piano economico e militare, ma lamentano un serio deficit democratico che negli ultimi anni li ha avvicinati ai loro vicini del sud.

Chissà, forse questa presa di coscienza ci consentirebbe, se non di mettere finalmente in soffitta l’ottocentesca contrapposizione tra la civiltà anglosassone e quella latina (con relativo corollario della superiorità, in primo luogo culturale, della prima sulla seconda), e di smetterla di rappresentare solo l’America Latina come un territorio arretrato e lacerato sul piano politico e istituzionale, dove la democrazia non è di casa. Dobbiamo anche prendere atto che il processo di ispanizzazione degli Stati Uniti è in uno stadio molto avanzato (la previsione di Samuel Huntington si sta avverando?).

Se i consistenti flussi di immigrati latinos – che oggi rappresentano numericamente la principale minoranza etnica - hanno già minato la struttura sociale e la composizione elettorale in molti Stati della federazione, essi hanno anche, a loro volta, contribuito ad avvicinare gli Stati Uniti ai ‘fratelli’ latinoamericani. Con ogni probabilità, neanche questa consapevolezza sarebbe sufficiente ai fini di una (futura) edificazione di un’unica, grande, famiglia americana; ma questa costituisce, comunque, un passaggio obbligato, senza il quale un progetto di questo tipo non può nemmeno essere immaginato.

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