Tsunami Mamdani. Forza (e fragilità) della riscossa dem

È stato un piccolo tsunami blu quello del voto negli Usa, il più importante dopo le elezioni presidenziali dell’anno scorso e prima del mid-term del 2026. Che la vittoria di Zohran Mamdani a New York – per tante ragioni straordinaria e importante – rischia in parte di oscurare. Due candidate democratiche, Mikie Sherrill e Abigail Spanberger, hanno conquistato i governatorati di New Jersey e Virginia (la seconda è la prima governatrice nella storia dello Stato). Vincendo con margini di 13-15 punti percentuali, ben al di là delle previsioni e con un’oscillazione rilevante sia rispetto alle presidenziali dell’anno scorso, quando Trump perse i due Stati di circa 5 punti, sia al voto per i governatorati del 2021, quando i repubblicani conquistarono la Virginia e furono sconfitti di misura in New Jersey. Un dato, quello della larga vittoria democratica, confermato a cascata da tanti altri voti, incluso quello di un referendum in California che permetterà il ridisegno dei collegi elettorali per la Camera finalizzato a bilanciare quello appena approvato dal governo repubblicano del Texas. E un dato rafforzato da tassi assai elevati di partecipazione elettorale (in Virginia hanno votato centinaia di migliaia di elettori in più rispetto al voto di quattro anni fa, quando il tasso di astensionismo era stato storicamente basso). Che indicazioni possiamo trarne? Che cosa ci dice questo voto sullo stato del partito democratico e dell’amministrazione Trump? In grande sintesi, sono possibili quattro considerazioni. La prima è che alla resistenza opposta al disegno autoritario di Trump da parte del potere giudiziario e da autorità statali e municipali democratiche ora si aggiunge quella popolare ed elettorale. Non era scontato fosse così. L’avvento del socialista “ibrido” Mamdani contro il predatore distopico Trump A lungo l’opinione pubblica e l’elettorato dem sono parsi traumatizzati dalla sconfitta del 2024, apatici e, in una certa misura, intimiditi dall’azione aggressiva e radicale dell’amministrazione repubblicana. L’esito del voto e la vasta partecipazione mostrano come l’impopolarità verso Trump e le sue politiche sia ampia e nuovamente mobilitante. La seconda considerazione ci riporta a New York e Mamdani. La polarizzazione radicalizza e legittima anche proposte politiche molto di sinistra come quelle del neosindaco di New York. Fatta la tara allo specifico contesto – non solo di New York, ma di realtà urbane dove proposte politiche più di sinistra oggi ottengono con maggiore facilità sostegno e voti – va detto che Mamdani è riuscito a mettere in asse un messaggio evocativo, capace di catturare l’immaginario di tanti elettori (soprattutto giovani) con proposte minute e concrete. Alcune sono evidentemente demagogiche e dalla scarsa o nulla praticabilità. Altre – dall’emergenza abitativa a quelle sulle scuole dell’infanzia e gli asili nido – rispondono invece a esigenze reali e a sofferenze e preoccupazioni diffuse. E si confrontano con un tema fondamentale – il costo e la qualità della vita - che avvantaggiò Trump e i repubblicani un anno fa, ma che ora gli si ritorce contro, con un’inflazione che continua a mordere e politiche economiche, dal commercio alla legge di bilancio, che paiono aggravare la situazione. Terza considerazione: vince un socialista come Mamdani e vincono figure assai più moderate come Sherrill e Spanberger. Il tratto che pare in parte accomunare le tre storie è che comunque rappresentano, o possono rappresentarsi, come esempi di discontinuità e rottura – politiche, anagrafiche, demografiche, di genere – dentro il Partito democratico. Intercettando così i tanti disillusi, che rischiavano di non recarsi alle urne, in un partito che, sondaggi alla mano, rimane impopolare, addirittura più dello stesso Trump. Il discorso della vittoria di Mamdani: «In questo momento di oscurità politica, New York sarà la luce» Segnalano cioè un’esigenza di cambiamento e rinnovamento, che i democratici in parte recepirono durante il primo mandato di Trump, si pensi solo al mid-term del 2018, ma che non si è mai pienamente realizzata, come evidenziarono bene la scelta di Biden del 2020 o la persistente leadership di Chuck Schumer al Senato (per quanto abbassatasi nell’ultimo decennio media, l’età media dei membri democratici al Congresso è di 60 anni alla Camera e 66 al Senato, al di sopra di quelle dei repubblicani). E questo ci porta alla quarta e ultima considerazione. Questa vittoria evidenzia comunque una potenziale fragilità dei democratici. Il cui elettorato sarebbe strutturalmente maggioritario nel paese. Ma che è anche più composito, eterogeneo e diviso di quello repubblicano: meno coeso politicamente, ideologicamente e demograficamente. È una tenda ampia, quella democratica, sotto la quale si ritrovano appunto Mamdani e Spanberger. La sfida è fare in modo che essa copra tutto lo spettro dell’elettorato e delle posizioni politiche rappresentate. Il collante negativo offerto da Trump è potente, ma da solo non basta. E un establishment che per bloccare un Mamdani riesuma una figura al capolinea della sua carriera come Cuomo è un establishment che evidentemente non ha ancora fatto i conti con il cambiamento in atto da tempo in America. Zohran Mamdani è il nuovo sindaco di New York: «Abbiamo rovesciato una dinastia politica»