La conferenza stampa del presidente del Consiglio potrebbe essere intitolata alla cosiddetta luce in fondo al tunnel. Draghi ha sottolineato che si può nutrire un «prudente ottimismo» sul futuro, e non perché ci siano miglioramenti di rilievo, ma in quanto la situazione epidemiologica evolve positivamente e le vaccinazioni procedono bene. Quindi, a partire dal prossimo 26 aprile cambieranno alcune regole in senso meno restrittivo. In attesa di un testo ufficiale, possono svolgersi alcune considerazioni sulla base di quanto detto in conferenza stampa.

Attività all’aperto

Draghi ha affermato che una serie di attività potranno progressivamente riprendere all’aperto, affermando che il governo si assume il «rischio ragionato» del loro riavvio, definito enfaticamente una «straordinaria opportunità». Ma se le riaperture sono fondate su evidenze scientifiche in base alle quali il rischio di contagio può definirsi «ragionato», non si tratta di un’opportunità straordinaria, bensì della conseguenza ordinaria di dati in miglioramento. Circa gli elementi che giustificano i provvedimenti adottati, è stato fatto un riferimento a studi a supporto dello svolgimento di attività all’aperto. Speranza ha parlato di «trasparenza ed evidenza scientifica» e Draghi di «conforto dei dati». Ma le motivazioni restano generiche e permane la carenza di chiari elementi decisionali, come invece richiederebbe un rischio ragionato e calcolato, cioè basato su calcoli. Non c’è stata una puntuale spiegazione delle chiusure, tanto meno c’è ora per le riaperture, mentre servirebbe giustificare le restrizioni che restano vigenti.

La proporzionalità delle limitazioni va sempre dimostrata come un vestito normativo cucito su misura per una particolare situazione. Peraltro, definire una «straordinaria opportunità» – ma non tutti i ristoratori o gestori di palestre dispongono di spazi all’aperto – la ripresa di alcune attività pare alludere a una gentile concessione da parte del governo. E siccome fino a poco prima della conferenza stampa sembrava che le riaperture stesse, così come le zone “gialle”, sarebbero state consentite solo a partire dal mese di maggio, emerge la spiacevole sensazione che le nuove scelte del presidente del Consiglio siano frutto di pressioni mediatiche, più che di altro. Evidenze scientifiche fornite con trasparenza come “allegati” ai provvedimenti ufficiali fugherebbero ogni dubbio.

Draghi ha precisato che è rimessa ai cittadini e agli esercenti la responsabilità del rispetto delle regole che disciplinano il riavvio delle attività e ha fatto appello a regioni, enti locali e, in generale, a chi opera i controlli, affinché svolgano un’idonea opera di sorveglianza sulle attività permesse. In questo modo il presidente del Consiglio è parso velatamente stigmatizzare certi comportamenti poco responsabili delle persone e i relativi controlli, talora carenti. Insomma – in linea con il copione spesso seguito nei mesi scorsi da parte dell’esecutivo precedente – se le cose andranno bene sarà merito di chi ha consentito di ripartire, mentre se andranno male sarà colpa di coloro i quali non si sono attenuti ai protocolli o non ne hanno verificato l’osservanza. Dunque, parlare di «assunzione di rischio» da parte del governo è espressione che fotografa una realtà parziale.

Coprifuoco e “pass” tra regioni

Pur consentendo le riaperture dei ristoranti all’aperto anche la sera, resta il coprifuoco, misura le cui basi scientifiche – sempre lì si torna – non sono mai state spiegate. Tante persone, le quali non aspettano altro che stare fuori, potranno cenare nei locali, ma dovranno rientrare a casa entro le 22, ora in cui scatta il divieto di circolazione. Di certo saranno necessarie prenotazioni e tempi contingentati, che i ristoratori dovranno ben gestire e far quadrare, a costo di mettere alla porta gli avventori che si attarderanno troppo. Peraltro, nelle piccole vie dei centri storici, intorno all’orario di chiusura dei locali, potranno determinarsi assembramenti della gente che defluisce, avendo probabilmente goduto fino all’ultimo minuto di libertà concesso. Riaprire i ristoranti e mantenere il coprifuoco appare un non senso, che rischia di sortire quell’effetto calca che si voleva evitare.

Ci si potrà spostare tra regioni “gialle”, mentre per muoversi tra le altre servirà un “pass”, che tuttavia non è stato chiarito come sarà strutturato. Qualora si trattasse di una misura che condiziona gli spostamenti alla vaccinazione oppure alla prova dell’immunizzazione o della negatività al virus, potrebbero sorgere problemi in punto di diritto. Da un lato, per la disparità di trattamento di coloro i quali, non essendo ancora vaccinati, dovrebbero sostenere il costo di un tampone per poter viaggiare; dall’altro lato, per la difficoltà di attuazione concreta, poiché il sistema andrebbe implementato anche con una banca dati vaccinale a livello nazionale, nonché con controlli riguardo a chiunque si sposti; infine, per l’eventuale estensione della misura stessa anche a quelli che viaggiano tra regioni per esigenze di lavoro, necessità o salute, e che finora sono stati esentati da limitazioni, salvo autocertificare i motivi dello spostamento. In questi casi, appare arduo giustificare la stretta rispetto al regime precedente.

La riapertura delle scuole

Le scuole riapriranno in presenza nelle zone “gialle” e “arancioni”, mentre in quelle rosse ci sarà un sistema misto. Quindi, mentre qualunque attività sociale al chiuso resta vietata, quella scolastica è consentita. Non si sa se a presidenti di regione e sindaci resterà la possibilità di chiudere le scuole, quando ricorrono alcune condizioni di gravità. In caso positivo, come sembra probabile, potrebbero esservi decisioni locali in senso più restrittivo di quanto sancito a livello centrale. Peraltro, non c’è un piano relativo ai trasporti né al tracciamento, non si accenna a sistemi di aerazione delle aule e le vaccinazioni degli insegnanti sono state sospese, per privilegiare il criterio anagrafico, ma le scuole verranno comunque riaperte. Ancora una volta, ci si ostina a replicare le medesime condotte, sperando che il risultato cambi. È una “strategia” in cui i governi si ostinano a perseverare, e quello attuale sembra non fare eccezione.

Draghi ha ancora una volta “blindato” il proprio ministro della Salute, per tutelarlo dagli attacchi di cui è oggetto, definendo le critiche infondate e ingiustificate. Del resto, è ridicolo pensare che decisioni ascrivibili al governo stesso con decreto legge – ma anche con Dpcm adottati dopo aver “sentito” gran parte dei ministri – siano esclusivamente responsabilità di Speranza, come qualcuno sostiene. Si può discutere della sua competenza o delle sue esternazioni, mentre appare assurdo rappresentarlo alla stregua di un “dittatore” che piega al proprio volere il governo, in primis il presidente del Consiglio. Chi accusa Speranza per tenere indenne Draghi dovrebbe considerare che così rende a quest’ultimo un pessimo servizio.

© Riproduzione riservata