Le polemiche su una frase di Vladimir Putin rivelano la presa in giro multipla alla quale le donne sono sottoposte. Sono beffate per una frase sessista, per la sua strumentalizzazione, e per il fatto che nel frattempo nessuno osserva che a gestire la crisi ucraina e a imbandire conferenze stampa ci sono quasi esclusivamente leader uomini. 

«Sopporta, bella mia»

Il caso nasce dopo l’incontro tra il presidente francese Emmanuel Macron e quello russo Vladimir Putin. Lunedì si parlano lungamente, al Cremlino, vicini ma non troppo: tra l’uno e l’altro intercorre un lungo tavolo di marmo, la rappresentazione plastica di una Russia potenza impenetrabile, che tiene alla dovuta distanza tanto il presidente francese quanto il premier ungherese.

Macron e Putin si presentano alla stampa, e nel suo intervento il presidente russo dice, rivolgendosi all’Ucraina, «Bella mia, che ti piaccia oppure no, questo ti tieni, questo sopporta». I francesi la traducono così: «Que ça te plaise ou non, ma jolie, faudra supporter». La Cnn la rilancia così: «Like it or don’t like it, it’s your duty, my beauty». L’interpretazione occidentale arriva a evocare riferimenti alla sopraffazione fisica sulla donna, e dal punto di vista delle donne la trappola è doppia: da una parte un linguaggio di dominazione, paternalista o sessista in base alla sfumatura; dall’altra una querelle che, come è successo in altri casi, finisce per nascondere le questioni di fondo.

Un caso per certi versi comparabile è quello del sofà: il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan riceve la presidente della Commissione europea e il presidente del Consiglio europeo; quest’ultimo, Charles Michel, si siede sulla poltrona di fronte a Erdogan. Ursula von der Leyen finisce sul divanetto, a margine.

Lo sgarbo non si spiega solo con il sessismo: in passato il presidente Erdogan ha dialogato a pari poltrona con la ormai ex cancelliera Angela Merkel; e mettere a margine la Commissione significa scegliere di dialogare con chi rappresenta i governi. Mentre si polemizzava sul sofagate, intanto Bruxelles rinnovava ad Ankara l’erogazione di cospicui fondi per prendersi i rifugiati che l’Europa fortezza non vuole. Nessuno è immune da prepotenza e sopraffazione.

Dominazione o nuovi equilibri

In questo si sarebbe quasi portati a dar ragione ai grandi teorici del realismo nelle relazioni internazionali, primo fra tutti Hans Morgenthau: la politica interna e quella internazionale non sono discriminate da elementi qualitativi ma dal grado in cui la legge si realizza. In ogni rapporto, a partire da quello tra individui, viene considerata determinante la legge dell’equilibrio di potenza. Il motore comune, la lotta per il potere, vede la propria origine nell’essenza dell’animo umano. Dice Morgenthau, «la lotta per il potere, che affonda le sue radici nella brama di potere che è comune a tutti gli uomini, è per questo fatto inseparabile dalla vita sociale stessa». L’anarchia internazionale esaspera, secondo questa posizione, caratteristiche umane, quindi prerogative della politica a ogni livello.

La frase di Putin non fa che trascinare a livello geopolitico dinamiche di dominazione – paternalismo, sessismo – che infiltrano la sfera sociale a ogni livello. Al presidente ucraino è stata chiesta una risposta, durante la conferenza stampa del giorno successivo, sempre con Macron. «L’Ucraina è bella, sì, ma non è la tua bella», ha replicato Zelensky a Putin. 

La geopolitica è per forza machiavellica dominazione, corsa a chi è più dominante? Studiosi come Raymond Aron risponderebbero che certo, l’elemento anarchico del sistema internazionale e la distribuzione di potere tra stati sono elementi chiave. Ma sono rilevanti anche altri fattori: cultura, regime politico interno, fattori ideologici. E non sono riconducibili in modo esclusivo alla struttura del sistema internazionale.

Il silenzio di Macron e le assenze ai tavoli

Altrimenti detta: esiste un margine di manovra per equilibri diversi. Esiste un linguaggio rispettoso e inclusivo, ed esiste la possibilità che alla politica dell’uomo forte si sostituisca quella delle donne influenti. Ma prima di aspettarcela da Putin, dobbiamo rivendicarla per noi stessi. Ecco perché oltre alle frasi «scandalose» del presidente russo, pesano il silenzio di Macron e l’assenza ai tavoli di leader donne. 

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