Per millenni, l’umanità ha conosciuto sé stessa attraverso i miti, le autobiografie, le testimonianze, le cronache, le storie tramandate. Anche i documenti storici in qualche misura sono sempre versioni. Persino le fotografie, dietro ognuna c’è uno sguardo umano che sceglie cosa inquadrare. Narrazioni, non dataset. Con tutti i loro errori, omissioni, invenzioni. Oggi disponiamo di una registrazione continua del vivere
Daniel Kahneman distingueva tra il sé che fa esperienza e il sé che ricorda. Il primo vive il presente, istante per istante, come un animale sensoriale: registra senza sapere di registrare, attraversa il tempo senza costruire narrazioni. Il secondo, invece, è quello che “parla”: ordina, interpreta, ricrea. La memoria umana non è un archivio storico, è più simile a una saga famigliare scritta prendendosi varie licenze (per quanto inconsce). Di conseguenza i due “sé” non coincidono mai: il sé che


