Tempo fa mi capitò di dover fare un regalo a una bambina di nove anni, volevo prenderle un libro. Nominai a suo padre un paio di titoli per sapere se la bambina li avesse già, lui rispose: «Non li conosco. Ma prendi pure quello che vuoi, in ogni caso io o mia moglie leggiamo i libri prima di darglieli, per sapere se vanno bene».

Avevo sentito dire che alcuni controllano i libri prima di darli ai figli, li assaggiano, come i genitori fanno talvolta, istintivamente, con il cibo dei bambini molto piccoli.

Se il libro è considerato inadatto lo censurano, o rimandano la lettura a un’altra età.

Sapevo che questo modo di agire esiste, insomma, ma non avevo mai conosciuto nessuno che lo adottasse.

Tenete presente che proponevo di regalare libri di letteratura infantile, ma tenete anche presente che, fosse per me, permetterei a un bambino di consultare liberamente la biblioteca più completa del mondo, comprese le parti tenebrose.

Il peggio che può capitare, a mio avviso, non è che il bambino legga avidamente un’opera malvagia (comunque definita), ma che il bambino se ne vada, annoiato. E anche in questo caso non lo troverei inaccettabile, in fondo esiste il diritto di non amare i libri.

Sono cresciuta in una casa dove non esiste la censura. Perciò ho sempre letto quello che volevo, senza filtri. Mi è capitato di leggere storie che, ne sono certa, alcuni oggi considererebbero inadatte all’età che avevo, o in qualche misura scioccanti. Ma proprio questa sensazione di sorpresa, di scoperta, anzi di rivelazione oscura è uno dei ricordi più belli che ho della lettura infantile e preadolescenziale. È una delle ragioni per cui la lettura è diventata predominante nella mia vita.

Mia sorella maggiore, quando ancora non sapevo leggere, mi chiedeva con fare malizioso se volevo che mi leggesse certe fiabe dell’orrore, io rispondevo di no, poi cambiavo idea, lei iniziava, io restavo pietrificata, ma in fondo felice.

Per un bambino leggere può essere solo faticoso, oppure può essere faticoso e affascinante. Se attraverserai queste pagine, dice il libro, ti prometto che non sarai più la stessa persona. Conoscerai cose che magari i tuoi genitori non riescono a dirti, non possono dirti, non sanno dirti.

Leggere è pericoloso, ma è anche una conquista. Il lettore si guadagna le parole una per una. Il pericolo, misto alla conquista, è il senso della lettura.

Un libro non è un video. Un video vive da solo, è un’entità completa, funzionante. Un libro è un oggetto silenzioso e inerte, invece, incapace di funzionare senza la collaborazione del lettore. Un libro, dunque, è ciò che nasce dal lavoro di chi scrive e di chi legge. Leggere comporta più sforzo rispetto a guardare un video, e questo non significa che guardare un film sia un’attività inferiore, meno arricchente, anche perché l’arricchimento dipenderà dal libro, dal film, dalla qualità dell’opera.

Significa che per leggere siamo costretti a pagare un prezzo più alto in termini di accesso, una specie di pedaggio. Dobbiamo, appunto, collaborare in modo significativo. Dobbiamo metterci del nostro.

Forse per questo un libro è il luogo migliore dove affrontare gli argomenti più scottanti, il luogo dove una bambina può provare a spingersi oltre, anche quando questo farebbe sollevare il sopracciglio degli adulti.

Le immagini di un video invadono la nostra immaginazione con brutalità, la invadono pienamente, in modo inequivocabile, senza darci la possibilità di opporre resistenza. E questo è molto affascinante, ma pone qualche problema in più se chi vede è un bambino.

La parola scritta, che compone una storia, ci prende per mano, ma siamo anche noi a prendere per mano la storia, ad accettare, a rifiutare, a soffermarci. Il tempo si dilata all’interno di questa collaborazione. I ruoli si confondono.

Mia figlia da tempo sceglie i suoi libri. Autori contemporanei che spesso non conosco. In questo periodo sta leggendo una serie di romanzi adatti ai ragazzini dai dodici anni in poi, anche se lei è un po’ più piccola, sta per fare dieci anni.

Questa serie la appassiona molto. Ne ha comprati vari. Per un po’ mi sono fatta gli affari miei, poi ho aperto un volume, ho alzato entrambe le sopracciglia per la sorpresa, ho richiuso.

Mi è sembrato di invadere uno spazio non mio, e ho avuto la conferma di una cosa che penso da sempre: la lettura è anche una questione privata. Il libro era ben scritto, ironico, brillante. Temi scottanti, va detto. Forse lo leggerò, un giorno. Non adesso.

© Riproduzione riservata