Sarebbe bello uscire da questa crisi di governo con una maggioranza compatta, un presidente del Consiglio forte e dotato di un’agenda chiara, pronto ad affrontare le uniche due grandi questioni rilevanti: la pandemia e il Recovery Plan. Sarebbe bello ma non sembrano essercene le condizioni, sia perché i numeri in parlamento rendono difficile costruire maggioranze più stabili e omogenee di quelle che abbiamo visto dal 2018, ma anche perché i partiti paiono avere ben altre priorità.

Tutti i leader pensano molto agli impatti della crisi sul loro partito, e poco a qual è l’esito più auspicabile per il paese.  Basta ricordare che alla fine Giuseppe Conte si è dimesso per evitare di trovarsi in minoranza in un voto dal valore tutto politico su una relazione sull’operato del ministro della Giustizia: una vicenda che ben pochi elettori potrebbero spiegare e ancor meno comprendere, visto che nulla c’entra con le due grandi priorità del momento.

Di fronte a questo quadro, una opzione è separare politics e policy: mentre i partiti si dedicano alla competizione per il potere, con o senza elezioni, i tecnici pensano alle cose serie. I medici alla pandemia, i funzionari ministeriali al Recovery Plan. Sappiamo che è un’illusione: non c’è tecnica senza politica, dalle forniture per i vaccini alle decisioni su chi e come spende i soldi europei, tutte le grandi questioni di questa fase necessitano scelte che soltanto chi ha una legittimazione popolare può prendere.

L’alternativa è tenere nella crisi un approccio pragmatico. Recuperiamo l’idea del contratto di governo, ma con due soli punti. Ogni partito dovrebbe dire in modo esplicito quale linea intende seguire nel contrasto al virus e nell’utilizzo dei fondi europei. Pochi punti, molto chiari.  Sulla base di quelli impostiamo il tentativo di costruire una maggioranza capace di resistere almeno fino all’elezione del presidente della Repubblica, rinviando tutti i dossier potenzialmente divisivi e non urgenti. L’emergenza impone di scegliere le priorità.

Questo approccio gli elettori lo capirebbero: un compromesso di merito, non di spartizione di incarichi, a termine e con un programma chiaro. L’alternativa sono le elezioni, ma non è immaginabile una campagna elettorale che parli d’altro rispetto a virus e Recovery Plan. Tanto vale chiarire le posizioni in campo subito.

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