Io li ho visti gli aerei di Frontex sorvolare quel tratto di mare vicino le coste della Libia. Il 24 febbraio, a bordo di un Colibrì dei “Pilotes Volontaires”, li ho visti all’opera mentre perlustravano la zona «a caccia dei barconi». C’è poco da nascondere: l’Agenzia europea sembra svolgere il suo compito al contrario. Non controlla solo le frontiere, ma a quanto pare si adopera per favorire i respingimenti illegali dei migranti verso la Libia che non è, secondo le norme internazionali, un porto sicuro.

Dobbiamo essere grati all’inchiesta di Domani che apporta un grande sostegno alla ricerca della verità sul fenomeno della migrazione; e non ci sarà, di certo, alcuna inchiesta giudiziaria che possa mettere a tacere, con pratiche di intercettazioni illegittime, chi racconta quel che accade in quel tratto di mare.  

Osservata dall’oblò di un minuscolo velivolo, la realtà è perfino peggio. Perché quei barconi e quelle persone che stanno rischiando la vita per sfuggire anche alle prigioni libiche ti lasciano un senso di insostenibile impotenza. Soprattutto se pensi che l’Unione europea si mostra, in questo caso, non con la faccia della solidarietà e del soccorso ma con il volto scuro della fortezza che respinge e che sovvenziona la cosiddetta “guardia costiera” libica, comandata da un caporione che in passato è stato accolto con tutti gli onori nel nostro paese. Non giriamoci attorno: qui stiamo parlando di atti precisi che attribuiscono responsabilità pesanti ad organizzazioni dell’Ue, agli stati membri che le assecondano, attività che devono essere denunciate e alle quali va posto termine.  

La pratica dei respingimenti che, lo ripeto, sono illegali da ogni punto di vista, l’ho riscontrata anche sulla cosiddetta “rotta balcanica” quando, con altri colleghi della delegazione Pd (Benifei, Majorino, Moretti e Smeriglio), siamo andati, lo scorso gennaio, a visitare il campo di Lipa, in Bosnia. Avremmo voluto ispezionare il tratto di confine tra Croazia e Bosnia che passa per un fitto bosco. È lì, ancora una volta, che si viola il principio di “non-refoulement”, una regola fondamentale del diritto internazionale fissata nell’articolo 33 della Convenzione di Ginevra.

Si tratta di pratiche che, sul fronte orientale, risultano applicate anche dal nostro paese. La polizia croata non ci ha fatto passare. Fisicamente hanno impedito il nostro lavoro di parlamentari ed erano militari inviati, come Domani ha accertato, da Zoran Niceno, il capo della guardia di frontiera che, guarda caso, siede nel Consiglio di amministrazione di Frontex. 

Questa situazione è al centro della nostra iniziativa in seno al Parlamento europeo. L’attività del direttore di Frontex, il francese Fabrice Leggieri, è oggetto di particolare attenzione da parte della commissione “Libertà civili, Giustizia e Affari Interni”. Il Gruppo S&D ne ha chiesto ripetutamente le dimissioni mentre l’Olaf, l’organismo di sorveglianza finanziaria, ha aperto un’inchiesta interna che potrebbe portare ad esiti clamorosi. In qualità di vicepresidente della commissione, da tempo ho chiesto maggiore trasparenza a Frontex ed il pieno rispetto dell'articolo 46 del Regolamento che istituisce e regola i compiti dell'agenzia, e che prevede la sospensione o il ritiro delle attività in caso di violazioni di diritti umani. Di fronte ad un muro di gomma la commissione ha costituito un “gruppo di scrutinio” che dovrà redigere un rapporto dettagliato entro i prossimi quattro mesi. 

Quel che serve è un cambiamento radicale nella condotta dell'agenzia e una riforma strutturale delle politiche europee. Dobbiamo dire basta all'esternalizzazione delle responsabilità ed ai respingimenti. Serve un approccio basato sul rispetto del diritto, dei diritti e su una solida solidarietà interna. Questo è il lavoro che sto facendo come “relatore ombra” del nuovo Regolamento per la gestione di migrazione e asilo, che sostanzialmente riforma e sostituisce il famigerato sistema di Dublino.

In mare, nell'immediato, serve una missione europea che torni a garantire, come è avvenuto per una fase anche in passato, che non ci siano più morti nel Mediterraneo. E nel lungo periodo se davvero vogliamo sconfiggere i trafficanti, non dobbiamo più fare accordi con le milizie libiche, ma stabilire vie legali e sicure. Voglio sperare che la visita, molto opportuna, del presidente Draghi stia su questo crinale. Nel giorno di Pasqua, l’immancabile Papa Francesco ha ricordato, a chi di dovere, che nei confronti dei migranti, in “fuga da guerra e miseria non manchino segni concreti di solidarietà e di fraternità umana”. La politica non può sottrarsi più a questo compito. 

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