Uragano Mamdani: chi è sceso in campo per fermare l’uomo “venuto dal nulla”

Zohran Mamdani lo hanno visto arrivare, un po’ increduli non hanno reagito per un bel po’. Poi, probabilmente fuori tempo massimo, si sono messi in fretta e furia a cercare di mettere un argine al consenso crescente per l’uomo venuto dal nulla. Gli increduli ritardatari sono quei “poteri forti” che proverbialmente dettano legge e controllano un bel gruzzolo di voti dovunque ci sia un’elezione, ma stavolta la sufficienza nel considerare il “nemico” impedirà alla corsa ai ripari disperata della ventitreesima ora di avere successo. Sino alla vigilia delle urne per il sindaco di New York, il candidato senza un passato e con un prevedibile radioso futuro conserva ancora nei sondaggi un vantaggio di dieci punti sull’avversario più pericoloso (si fa per dire, ma attenzione: un mese fa la forbice era larga il doppio, venti punti), quell’Andrew Cuomo già sconfitto alle primarie democratiche e presentatosi da indipendente, una carriera da politico che sembrava spezzata dagli scandali per le accuse di molestie sessuali e il perenne sospetto di nepotismo perché figlio di Mario l’ex governatore mai sufficientemente rimpianto. Il minimo di brivido che resta in una consultazione all’apparenza scontata sta in un duello centro-sinistra contro sinistra-sinistra, perché la destra nella New York liberal, la più europea della città d’America, non tocca palla. Usa, capitalismo in crisi: perciò Mamdani può vincere le elezioni a New York Il repubblicano Curtis Sliwa, 71 anni, fondatore dei Guardian Angels, era stato persino pregato da Trump di ritrarsi per far convergere i voti sul meno peggio dal suo punto di vista, degli altri due, cioè Cuomo. Ma senza esito. Dunque Mamdani, in parte per la debolezza degli altri che corrono per la poltrona di una metropoli il cui bilancio assomma 116 miliardi di dollari ed eccede di gran lunga anche le sue mastodontiche dimensioni, senza contare il prestigio di essere a capo del centro dell’immaginario del mondo. Dunque Mandami, nonostante un profilo che non sembrerebbe adatto al ruolo. Ha appena 34 anni, scarsa esperienza per un compito che è secondo per delicatezza secondo solo a quello di presidente degli Stati Uniti. È nato in Uganda, paese d’origine del padre professore a Columbia, mentre la madre è una regista di origini indiane, e si professa di religione musulmana nella città in cui è ancora aperta la ferita dell’11 settembre nonostante sia trascorso ormai quasi un quarto di secolo. È “socialista democratico” secondo sua autocertificazione, ma tout court “comunista”, per Donald Trump: «Abbiamo un comunista che non sa niente, probabilmente non ha mai lavorato un giorno in vita sua, ma a quanto pare fa presa. Non manderò un sacco di soldi a New York, non consentirò che sia rovinata una delle nostre più grandi città, la ripuliremo dal crimine in trenta giorni». Praticamente l’annuncio del blocco dei fondi federali e l’invio di truppe della guardia nazionale, dopo aver ventilato anche l’arresto di Mandami. Infine Zohran è un attivista Pro Pal che aveva anche inneggiato in passato all’Intifada perenne, salvo poi moderare parzialmente i toni. A New York arriva il ciclone Mamdani, il neosocialista volto della sinistra globale Ma allora perché tanta popolarità? Perché in campagna elettorale ha accantonato le ideologie per basare la sua piattaforma sui problemi della gente comune, in particolare sul carovita che sta facendo di New York una città di soli ricchi con l’espulsione della classe media. Le sue proposte concrete: congelamento degli affitti per quattro anni per due milioni di cittadini lavoratori; biglietto gratis sui mezzi pubblici; aumento della rete di asili pubblici pure da rendere gratuiti; salario minimo di 30 dollari l’ora entro il 2030. A chi gli obiettava che le prosaiche casse pubbliche non contemplano libri dei sogni ha prontamente replicato dove e come finanzierà le iniziative: quattro miliardi entreranno dall’aumento dell’uno per cento delle imposte per i newyorchesi con reddito superiore a un milione di dollari; altri cinque miliardi dall’adeguamento dell’aliquota per le aziende all’11,5 per cento come avviene nel New Jersey. Una seppur piccola redistribuzione del reddito. Quando la prospettiva di un radicale quale Mamdani si è fatta concreta ecco scendere in campo i bianchi impauriti che sono tanta base per Trump, le comunità ebraiche, soprattutto quelle ultra-ortodosse, il mondo della finanza e dell’economia, i grandi gruppi immobiliari. Tutti ad agitare lo spauracchio dell’alieno paracadutato da chissà quale mondo nel cuore pulsante del capitalismo. Avendo però come mentore Obama. Fino a far sembrare anche l’elezione a sindaco di New York un capitolo per interposta persona dell’ennesimo scontro tra gli eterni duellanti. Barack-Donald è il match del secolo tra due visioni opposte di cosa deve essere l’America. Un italiano a New York: quando Pizzolato vinse la maratona