Dopo oltre 18 mesi di pandemia ancora non abbiamo capito come gestire il rischio per una ragione molto semplice: la diffusione del virus dipende dalla somma di comportamenti individuali, ma la razionalità di ogni comportamento singolo dipende dalle aspettative su cosa faranno gli altri. L’ultima incomprensione deriva dall’analisi rischi benefici sulla vaccinazione con AstraZeneca dei giovani.

Come osserva una nota della fondazione Gimbe, “il rischio di sviluppare trombosi associata a piastrinopenia aumenta al diminuire dell’età: 0,5 casi su 100.000 negli over 70, 1 caso su 100.000 nella fascia 50-69 anni circa 2 casi su 100.000 negli under 50 anni”. Ora che molti adulti e anziani si sono vaccinati, la probabilità che un giovane si infetti è diventata più bassa, quella che finisca in ospedale ancora inferiore e quella di morte vicina allo zero. Dunque, oggi 0,5 casi di trombosi ogni 100.000 vaccinati sembrano tanti e, soprattutto, evitabili. Paiono quindi fondati i timori di chi vuole evitare gli open day che offrono vaccini AstraZeneca senza limiti di età.

Sorvoliamo sul fatto che questo problema si sarebbe evitato se le autorità sanitarie e i governi – incluso quello di Draghi – avessero evitato di scatenare il panico (immotivato) su AstraZeneca spingendo molti adulti e anziani, non a rischio, a ottenere i più scarsi Pfizer, Moderna e Johnson&Johnson. Evitiamo le speculazioni sul passato e stiamo al presente.

L’analisi tra costi e benefici per i giovani sembra negativa, ma soltanto perché si considera la prospettiva individuale invece che quella collettiva. Anche indossare le mascherine chirurgiche ha sempre avuto un bilancio negativo: io sopporto il costo (fastidio, fatica a respirare), mentre un altro ha il beneficio (minore probabilità di infezione).

Il punto è che in una pandemia l’analisi costi-benefici ha senso se si considera che il vaccino non serve soltanto a prevenire l’infezione nel singolo, ma a evitarne la diffusione nel resto della popolazione.

Come abbiamo imparato a spese nostre, se il virus continua a circolare, aumenta la probabilità di varianti più resistenti o più contagiose. O, comunque, la fine della pandemia viene rinviata a un futuro che non arriverà mai, col rischio di esporre interi continenti senza difese a potenziali contagi di massa.

Può sembrare un discorso cinico, eppure non abbiamo esitato un secondo a sacrificare le vite di migliaia di persone per contenere il virus: tutte quelle visite oncologiche rinviate di mesi, quegli esami mai fatti, quegli interventi posticipati di anni hanno un prezzo in termini di sofferenze e morti (evitabili). Come collettività, abbiamo deciso di dare priorità alla cura e al contenimento del virus, dedicando a questo obiettivo la quasi totalità delle risorse del servizio sanitario nazionale.

Anche al prezzo di questi sacrifici, adesso l’analisi costi benefici per i giovani sembra sconsigliare AstraZeneca, perché il virus circola così poco che il pericolo della trombosi sembra maggiore di quello del Covid. Ma sarebbe veramente assurdo adottare questa prospettiva statica – visto che oggi non conviene, allora non mi vaccino – invece che quella dinamica (vaccinare anche i giovani può fermare la circolazione del virus una volta per tutte).

Va comunque ricordato che gli Open Day sono su base volontaria: se ci sono ragazzi egoisti al punto di rinunciare al vaccino per evitare quel piccolo rischio di complicazioni, forse è giusto che nessuno possa costringerli a vaccinarsi. Ma che gli adulti al governo e alla guida delle agenzie sanitarie avallino un comportamento opportunistico nel pieno di uno sforzo collettivo di questa portata è, come minimo, diseducativo oltre che pericoloso.

P.S.: prevengo la domanda, io ho 36 anni e mi sono vaccinato con AstraZeneca 

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