Il primo ministro inglese Boris Johnson ha festeggiato “il giorno della libertà” dal Covid chiuso in casa in quarantena, perché lui e il ministro Rishi Sunak hanno avuto contatti con il ministro della Salute Sajid Javid, che è risultato positivo al coronavirus. La riunione in cui sono entrati ini contatto, domenica, doveva decidere un allentamento delle misure di quarantena obbligatoria in cambio di test sperimentali.

Notizie come questa spiegano perché i mercati finanziari, impegnati nel continuo tentativo di dare il giusto prezzo al futuro, siano passati in così poco tempo dall’euforia al timore. Neppure il governo inglese, che pure ha adottato le strategie più aggressive di vaccinazione, è riuscito a mettere i suoi membri e i suoi cittadini al riparo da una epidemia che non è affatto finita. Il sogno della ripresa a V, con una rapida risalita dopo la discesa traumatica delle nostre economie nel 2020, inizia a vacillare. L’unica cosa che sale sicuramente sono i prezzi delle materie prime, per la troppa domanda.

Noi occidentali ricchi in partenza per le tanto sospirate vacanze guardiamo ai focolai di variante Delta col timore che la burocrazia del Green Pass possa rovinarci le ferie.

Come ricorda una nota del fondo Algebris, l’indice che misura l’andamento dei titoli del settore turismo e tempo libero in Europa è sceso del 10 per cento dal picco di maggio, segno che un problema con l’estate c’è. Ma la questione è più seria.

Ci siamo tutti illusi che, con i vaccini, avremmo ottenuto una situazione simile all’immunità di gregge, con un numero di persone suscettibili di infettarsi così basso che l’epidemia si sarebbe estinta. Forse prima o poi succederà, ma non nell’immediato.

Secondo il Fondo monetario, servirebbe un investimento di 50 miliardi di dollari da parte dei paesi ricchi per vaccinare almeno il 40 per cento della popolazione in ogni paese entro la fine del 2021 e il 60 per cento entro il 2022. Ma economie che hanno speso 16.000 miliardi di dollari non ne trovano 50 per sostenere i paesi più poveri, col risultato che il virus continuerà a circolare, con il rischio di nuove varianti.

Nell’immediato, insomma, con il Covid dovremo continuare a convivere. Non si tratta di fare i profeti di sventura e neppure di dividersi tra rigoristi e no-mask. E’ un fatto. Anche chi pensa prima all’economia che alle vite, dovrebbe ricordarsi che non si possono pianificare investimenti o turni di lavoro in un contesto dominato dall’incertezza.

La protesta di oltre 110.000 persone, sabato scorso in Francia, contro nuove restrizioni indica che la tensione sociale è massima, aggravata dalle divergenze di una ripresa che non è uguale per tutti. Alcuni settori perderanno posti di lavoro, altri li guadagneranno, ma non ci sarà un travaso completo delle stesse persone.

Dopo quasi due anni, ci tocca accettare che con soltanto una parte della popolazione vaccinata, con il Covid dobbiamo ancora convivere. Meglio attrezzarsi di conseguenza per evitare l’ormai estenuante pendolo tra false speranze e dura realtà, che scarica i costi dell’incertezza sui soggetti meno attrezzati per gestirla.

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