Il presidente della Repubblica ha giocato un ruolo importante nella crisi senza dover prendere nemmeno una decisione. È bastato il discorso di fine anno a chiarire il suo punto di vista, in sintonia con buona parte dell’opinione pubblica italiana: «Questo è tempo di costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte». Più chiaro di così?

Due giorni dopo è a lui che Renzi pare risponda quando dichiara: «se Conte ha scelto di andare a contarsi in aula accettiamo la sfida». E quando intorno al 10 di gennaio Mattarella dice o fa capire di considerare inopportuno il ritiro delle ministre di Italia viva dal governo, Renzi fa una affermazione interpretabile come un dover essere: «Il presidente della Repubblica è un arbitro, non dice a un leader politico cosa deve fare».

Sennonché, la perorazione di Mattarella nel suo discorso più solenne e ascoltato dell’anno conteneva in modo inequivoco anche questo, oltre a un esplicito atto di fiducia verso il governo e il presidente del Consiglio in carica. Non è riuscito a persuadere Renzi, ma la sua linea favorevole alla continuità alla fine ha vinto lo stesso, anche grazie all’esercizio a tratti invisibile dei suoi poteri di moderatore (qualcosa di più che un arbitro). Ma potrebbe essere l’ultima volta.

Non dovrà esprimersi riguardo a entità e composizione della maggioranza in Senato. Avrebbe potuto farlo in termini preventivi se avesse dovuto conferire un nuovo incarico. Ora può solo prendere atto che il governo rimane in carica nel pieno esercizio delle sue prerogative, per quanto sia incerta la sua sorte futura.

Nel frattempo, Giuseppe Conte ha ulteriormente affermato il suo ruolo politico e Matteo Renzi non ha deposto le armi. La continuità dell’esecutivo non garantisce che non verranno sprecate energie e risorse a causa di altre distrazioni.

Potremmo arrivare così fino al semestre bianco, quando il potere moderatore del Quirinale risulterà notevolmente ridotto e il settennato sostanzialmente concluso.

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