Vincoli europei, spesa militare e sanità: come trasformare la manovra in un’occasione

La legge di Bilancio 2025 nasce all’interno di un quadro molto vincolato. Le nuove regole europee sulla finanza pubblica hanno trasformato i documenti contabili in un esercizio quasi esclusivamente ragionieristico: registrano entrate e uscite, ma lasciano poco spazio a un disegno economico capace di incidere davvero sulla crescita. Le previsioni parlano di un Pil in aumento dello 0,5 per cento nel 2025 e dello 0,7 per cento nel 2026. Troppo poco per intaccare il rapporto debito/Pil, stabile poco sopra il 136 per cento. È vero che la crescita rallenta anche per fattori strutturali, ma con politiche più mirate si potrebbero ottenere margini migliori. In ogni caso, la prossima manovra dovrà muoversi in spazi ristretti, anche se non del tutto nulli. Imprese, Urso non spende 4 miliardi e Giorgetti li ricicla in manovra Vincoli e margini stretti Il Documento di finanza pubblica (Dpfp) definisce gli orientamenti generali, mentre i dettagli arriveranno con il Documento programmatico di bilancio (Dpb), da trasmettere a Bruxelles entro il 15 ottobre. Le misure già annunciate riguardano il taglio di due punti dell’Irpef per i redditi tra 28 e 50mila euro, una “rottamazione” ridotta rispetto alle prime ipotesi, interventi per contenere il caro-bollette e nuove regole previdenziali. Il deficit resterà al 3 per cento del Pil, con un avanzo primario in crescita. Dal punto di vista tecnico, l’Italia rispetta così i parametri del nuovo Patto di stabilità europeo, ma le risorse a disposizione non superano i 10 miliardi, contro richieste ministeriali che sfiorano i 25. È facile prevedere scontri interni alla maggioranza per decidere le priorità. Una parte dei fondi proverrà inoltre da risorse non spese negli anni scorsi, che il governo presenterà come nuovi impegni. Pil, l’Ocse smentisce il governo. La manovra sarà un’impresa Fisco e imprese Il taglio dell’Irpef, dal costo stimato tra 2,5 e 3 miliardi, resta un obiettivo politico centrale, nonostante comporti minori entrate da compensare con tagli di spesa. Sul fronte produttivo, il governo punta a rilanciare il programma Industria 5.0, già finanziato ma mai sfruttato pienamente. Più che nuovi soldi, dunque, si tratta di utilizzare meglio quelli già stanziati. Difesa e Patto di stabilità Il capitolo più delicato resta quello della difesa. L’esecutivo potrebbe destinare fino a 6,5 miliardi al comparto, in parallelo alla richiesta di accesso al programma europeo SAFE (Support to Ammunition Facility in Europe), che vale 14 miliardi complessivi. Essendo un prestito, servirà comunque l’approvazione del parlamento. Sul tavolo resta anche l’ipotesi di attivare la clausola dell’1 per cento del Pil per la spesa militare, ma il ministro dell’Economia sembra contrario: significherebbe un aumento del debito, scelta che il governo preferisce evitare. Ecco la manovra: tutto su missili e carri e briciole alla sanità Sanità La sanità pubblica è un nodo cruciale. Secondo le stime, sarebbero necessari almeno 10 miliardi per coprire i fabbisogni del settore, ma i nuovi stanziamenti rischiano di avere effetti distorti: per ogni euro speso nella sanità pubblica, circa 40 centesimi finiscono nel privato. Per questo, più che ulteriori risorse, servirebbe una riforma complessiva, affidata a una legge delega capace di ridisegnare il sistema in chiave sostenibile. Tax expenditures Accanto ai grandi capitoli di spesa pesano le tax expenditures: agevolazioni e detrazioni stratificate nel tempo, spesso senza una logica organica. Tra queste figurano anche gli incentivi alla previdenza complementare e la sterilizzazione fiscale degli aumenti contrattuali, su cui non mancano le divisioni. Sul caro-bollette, invece, le intenzioni del governo non sono ancora chiare: ma al di là dei sussidi, il nodo riguarda il funzionamento del mercato, dove sarebbe necessario limitare i margini eccessivi delle imprese energetiche. Caccia, sottomarini, missili: il riarmo di Crosetto costa 40 miliardi Manovra “eterodiretta” In definitiva, la legge di Bilancio 2025 sembra confermare una tendenza di fondo: accumulare misure sparse senza un vero disegno organico. Ne deriva un bilancio complicato, difficile da controllare e poco efficace nel medio periodo. La vera sfida non dovrebbe essere aggiungere nuove misure, ma riformare la spesa pubblica e la Pubblica amministrazione, oggi più che mai necessarie. La manovra, però, appare fortemente condizionata dall’Unione europea, che lascia al governo margini ridotti. Il banco di prova sarà trasformare questi vincoli in un’occasione di riforme strutturali, evitando che si riducano a un semplice elenco di provvedimenti temporanei.