Violenze e femminicidi, tutti i paradossi della destra

Stiamo vivendo un tempo di disordine, di contrattacchi, di conflitti post-patriarcali, ma non sempre siamo in grado di vederne la portata politica. Questo tempo è attraversato da una guerriglia quotidiana contro le donne, da un desiderio mai sopito di farne oggetti, di appropriarsi del corpo femminile, fino a poter godere di un corpo sedato/drogato. Cosa ci raccontano i commenti alle foto dei siti come phica.net, le pagine Facebook Mia moglie, cosa ha illuminato il processo Pelicot? Cosa ci dicono gli insulti sui social? Luciana Castellina, dall’alto della sua esperienza ci suggerisce di non meravigliarci; abbiamo fatto una rivoluzione, per forza ci insultano, è un segno della nostra forza. Castellina: «Cosa ne facciamo degli uomini? Dove li collochiamo nella nostra società?» La filosofa Manon Garcia, che ha seguito le udienze del processo Pelicot, ha scritto un libro per rispondere alla domanda se si possa vivere con gli uomini. Perché la vergogna deve cambiare campo, come giustamente ha sostenuto e praticato Gisèle Pelicot, ma ancor più gli uomini devono contrastare la mascolinità egemone. Come lei stessa ci ricorda, per ogni nuovo episodio di Sex education ci sono centinaia di migliaia di tweet della manosfera che quotidianamente invitano a odiare le donne. La Francia ha scelto di inserire il principio del consenso quale elemento imprescindibile per la qualificazione del reato di violenza sessuale. Anche in Italia arriverà finalmente in Aula alla Camera, su richiesta del Pd, la legge sul consenso. Oltre i femminicidi: quella violenza che la comunità non legge Se è no è no Quando passammo dal reato contro la morale al reato contro la persona, vale la pena ricordare che fu solo nel 1996, a dimostrazione di quanto il codice penale sia stato costruito a partire dal punto di vista del soggetto maschile - non mutò la definizione del reato. Dunque, per esserci reato bisogna che ci sia “minaccia o violenza o abuso di autorità”. Affermare che c’è violenza ogni volta che non c’è consenso, mette al centro l’autonomia delle donne. Ma quanto è difficile affermare la cultura del consenso? Dare credito alla parola delle donne? Eppure abbiamo fatto e continuiamo a fare rumore, abbiamo un sapere, che ci viene dalla pratica dei centri antiviolenza, dalle giuriste che hanno decostruito la presunta neutralità del diritto, dai femminismi che hanno affermato la libera soggettività delle donne. Abbiamo un vocabolario per nominare la dimensione strutturale della violenza maschile contro le donne, una spirale che arriva fino alla sopraffazione violenta e al femminicidio. Una spirale che non è solo eredità di una antica subordinazione, ma è la reazione misogina alla libertà delle donne, frutto di uomini che hanno paura delle donne. Una reazione maschile alla crisi del patriarcato. L’esito drammatico di una questione maschile che fatichiamo a vedere, ma che oggi ispira politiche reazionarie capaci di sedurre uomini che si sentono spossessati dal loro ruolo, uomini anche giovani, che non sanno fare i conti con il cambiamento avvenuto. «Fermo restando...». Valditara ministro precisatore sull’educazione sessuo-affettiva Educazione indispensabile Per questo l’educazione sessuale e affettiva è una questione politica di primaria importanza. Perché servono risorse culturali e simboliche per sconfiggere la cultura del possesso. Bisogna che nell’educazione entrino i corpi, la sessualità, le relazioni. Avevamo un impegno, come parlamentari, preso quando votammo nel 2023 la legge che aumentava le misure cautelari. Un impegno bipartisan a discutere di educazione sessuale, a fronte di un voto bipartisan su quel testo. E invece la risposta del governo e del ministro Giuseppe Valditara, già noto per aver dichiarato finito il patriarcato, è un altro disegno di legge che inserisce il divieto dell’educazione sessuale e chiede il consenso informato preventivo delle famiglie. Divieto sì, perché già prima del pessimo emendamento – su cui la destra ha dovuto fare passo indietro – che ha inserito la proibizione nelle scuole secondarie di primo grado, il testo governativo la proibisce nella primaria. Educazione sessuo-affettiva, dietrofront sulle scuole medie. La Lega evoca «attori porno e drag queen» E poi consenso preventivo: non basta il coinvolgimento che già c’è delle famiglie nell’offerta formativa. La sessualità deve essere una materia “sorvegliata speciale”, su cui le famiglie hanno l’ultima parola, con quale perizia nel giudicare il materiale didattico non si sa. Una famiglia chiamata a far da custode della tradizione, proprio dove servono apertura e cambiamento. Una legge oscurantista, che non si fida della scuola e delle competenze. Come si può discutere in modo bipartisan di contrasto della violenza se si boicotta la prevenzione primaria, elemento essenziale di questa battaglia? Pensate davvero di affidarla solo al diritto penale? Fermatevi, siete ancora in tempo.