Lo scoop (chiamiamolo così) non venne da Baghdad – dove i giornalisti presenti si collegavano attraverso satelliti internazionali messi immediatamente fuori gioco dalla situazione - ma dalla inviata a New York Silvia Kramar. Lei urlò al telefono: «Hanno attaccato. Hanno attaccato»
- Tra questi ostaggi c'eravamo noi catturati dalla televisione, che come ci accorgemmo in fretta non raccontava la guerra ma in buona sostanza ne era uno dei campi di battaglia, forse quello principale. Passammo la prima notte davanti allo schermo acceso, il telecomando in mano.
- La prima notte sentimmo soltanto le loro voci e i rumori delle bombe, in una diretta che minacciava di non finire mai, in un tempo stranamente sospeso. Colpa della televisione? O non è da sempre questo l'effetto del trovarsi sospesi tra la vita e la morte?
- Tra l'ottobre 1990 e l'agosto 1991 l'informatico inglese Tim Berner Lee inventa i protocolli del world wide web e mette in rete il primo sito della storia, dal Cern di Ginevra. Noi a guardare nel buio, come l'inviato della Cnn..
Trent'anni fa toccò al Tg2 della sera mandare in onda in esclusiva il filmato della televisione irachena nel quale un giovane pilota d'aviazione italiano, abbattuto in Kuwait dalla contraerea irachena, fatto prigioniero e piuttosto malridotto, veniva interrogato in arabo con traduzione inglese e doppiaggio fuori campo. Il conduttore metteva in guardia dai «disegni propagandistici» che potevano nascondersi in una simile rappresentazione. Citava il Vietnam. My name is Maurizio Cocciolone, ascolta



