Emanuele Giordana e Massimo Morello da anni percorrono il Sudest asiatico, indagando i regni dei signori della guerra e della droga, dove gli esseri umani sono merce al pari della droga. In “Asia Criminale”: reportage per Baldini + Castoldi, raccontano le città-prigione dove oltre 200.000 persone operano in frodi e gioco online, un business da miliardi di dollari. Il cuore di tenebra del Sudest asiatico
Il gioco d’azzardo in Asia è un’ossessione che arriva al rain gambling, le scommesse su quando pioverà, ed è per questo, per «proteggere» la popolazione, che i casinò in Cina sono illegali. Per lo stesso motivo le Triadi, le organizzazioni mafiose cinesi, reincarnazione di antiche società segrete, oggi organizzate come multinazionali capitalistiche, hanno deciso di aprirli nelle zone di confine, creando una serie di micro Las Vegas con resort e bordelli di lusso.
Hanno avuto un tale successo da preoccupare il Presidente Xi Jinping perché l’equivalente in yuan di centoquarantaquattro miliardi di dollari veniva dissipato nei centri di gioco «offshore». La repressione fu ulteriormente rinforzata durante il Covid, dato il draconiano regime di fēng chéng, il lockdown imposto a tutti i cittadini.
Ma a quel punto divenne virale un nuovo azzardo. L’atavico amore per il gioco, spesso connesso a forme di divinazione, oggi ha sincretizzato il culto di Internet. I social, WeChat, i Qr code, le criptovalute sono divenute nuove manifestazioni magiche, di cui non si comprende la natura o il funzionamento ma a cui ci si affida in ogni aspetto della vita. Fu così che le «Vice City» mutarono in «Scam City», città della truffa, oltre trecento, disseminate lungo i confini birmani con Cina e Thailandia.
Sono casinò virtuali, centrali di gioco online, ma sono anche i templi di nuove sette Internettiane, i cui santoni adescano, ingannano, promettono amore e ricchezze in cambio di offerte o investimenti sempre maggiori. Una truffa che è divenuta globale e al cui confronto lo schema Ponzi appare un gioco da ragazzi. Il meccanismo delle Scam City, inoltre, coinvolge – come abbiamo già detto – centinaia di migliaia di persone attratte dal miraggio di un lavoro high tech e trasformate in schiavi informatici.
La guerra civile birmana è stato il brodo di coltura perfetto per il diffondersi delle Scam City. Ma ancora una volta i signori della guerra e della droga che le controllano in associazione con le Triadi si sono dimostrati troppo avidi: truffare per miliardi di dollari i cittadini cinesi e renderne schiavi molti altri, tanto più giovani istruiti quindi potenzialmente utili al Partito, non poteva non suscitare una reazione del Partito stesso. E così, tra maggio 2023 e gennaio 2024, la Cina è intervenuta contro gli scam center che operavano lungo i suoi confini nel nord dello Shan State. «Tolleranza Zero alla presenza delle “famiglie mafiose”», proclamava un titolo del «Global Times», organo ufficiale del Partito comunista cinese, il 1° febbraio 2024.
Annunciava una serie di operazioni, anche condotte in collaborazione con la polizia e l’esercito birmano, che avevano portato alla cattura e all’estradizione di almeno quarantacinquemila persone, compresi i capi delle «quattro famiglie» che controllavano le attività criminali. L’operazione è stata anche la copertura per una vasta operazione di intelligence sul coinvolgimento dei militari nei centri delle truffe online e del crimine organizzato.
In realtà a scatenare una reazione così violenta è stata soprattutto la preoccupazione cinese per la sicurezza del corridoio economico Cina-Myanmar tra lo Yunnan e il golfo del Bengala. Con la frammentazione feudale del territorio, la scomparsa di ogni parvenza statale, la regressione del potere a livello tribale, infatti, il caos ha minacciato proprio il terminale nord di quella fascia di territorio, tanto più dopo i combattimenti tra milizie etniche ed esercito birmano per il possesso di Muse.
Di conseguenza la campagna nel nord della Birmania al confine con la Cina ha avuto anche un altro effetto: ha spostato il centro delle operazioni criminali a sudest, nello Stato Karen, sul confine thailandese.
Un cambiamento di fronte che non è avvenuto in modo incruento. È stato proprio questo, a quanto pare, che ha determinato offensive e controffensive tra l’esercito birmano e le milizie etniche, che per un momento è apparso come l’inizio della fine per la giunta.
Il tutto, invece, si è risolto con la riconquista dei territori da parte dell’esercito, favorito dall’ennesimo cambio di fronte della Guardia di Frontiera (che ogni volta cambia anche la sua denominazione). Un’ulteriore prova di come la guerra civile birmana si stia metastatizzando in una guerra per bande.
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