Piazza Duomo a Milano si è riempita di lavoratori vestiti di nero dietro a cinquecento bauli vuoti. Hanno taciuto e battuto ritmicamente le mani, e hanno steso uno striscione rosso con su scritto «Un unico settore, un unico futuro». Si è svolta così, il 10 ottobre, come un flashmob, la manifestazione evento Bauli in piazza, la protesta dei lavoratori del mondo dello spettacolo. Mentre crescono i numeri del contagio da Covid-19, il settore degli eventi dal vivo vede allontanarsi il momento in cui potrà tornare come prima. Dalle rappresentazioni di opera lirica ai circhi, passando per i concerti e gli spettacoli teatrali, tra artisti e tecnici, oltre il 90 per cento di 570 mila’ addetti non lavora da inizio marzo per questioni di sicurezza: gli eventi sono luoghi di assembramento. Per questo oltre mille di loro hanno manifestato a Milano. «Non vogliamo sussidi, vogliamo tornare a fare il nostro lavoro» dice Maurizio Cappellini, produttore di eventi fermo da mesi e tra i promotori della manifestazione.

La protesta

I bauli sono utilizzati tipicamente da scenografi e tecnici per spostare tutti i materiali di scena. Ieri mattina sono stati posizionati in piazza in attesa.

I lavoratori hanno cominciato a disporsi dalle due per evitare assembramenti. Alle 17 si è svolto l’evento.

La protesta fa parte di quelle della rete nata in Gran Bretagna ad aprile “#WeMakeEvents”, diventata via via internazionale. «Il nostro obiettivo – si legge sul sito inglese – è ottenere iniziative del governo per aiutare il settore fornendo supporto fino a quando non potrà tornare completamente al lavoro: RESTART LIVE». Oggi il movimento raggruppa rappresentanti di 28 paesi in tutto il mondo. In Italia ha contattato Bauli in piazza, che ha aderito con l’hashtag #noifacciamoeventi.

Il 30 settembre è stata organizzata una prima manifestazione internazionale “#redalert”, con l’hashtag #standasone, tutti per uno. I luoghi degli eventi – inclusi magazzini dei grandi fornitori, allestitori e service – sono stati illuminati con luci rosse per lanciare “un’allerta rossa” sulla crisi che sta colpendo il settore.

I protagonisti di Bauli in piazza non sono i volti noti, l’organizzazione ha scelto di non coinvolgere direttamente gli artisti per dare risalto a chi lavora dietro le quinte.

Tutto fermo

Quasi il 95 per cento degli eventi dal vivo del 2020 a oggi risulta cancellato. Quello che preoccupa di più i lavoratori e impedisce la ripartenza è il decreto 7 agosto 2020, che ha permesso l’organizzazione di eventi fino a 1.000 persone all’aperto e 200 al chiuso, rimandando la regolamentazione alle singole regioni. Senza contare che il ministro della salute, Roberto Speranza, vuole proporre per motivi di sicurezza di restringere ancora la partecipazione.

Tra i limiti di posti, e le difformità territoriali, il comparto non può riprendere in maniera strutturata la sua attività. «È impossibile – dice Cappellini – organizzare eventi economicamente sostenibili».

Il sistema intero è al collasso e molte imprese potrebbe essere costrette a chiudere. Molti addetti sono rimasti senza sussidi per i ritardi nell’erogazione e senza sapere quando lavoreranno di nuovo: «Alcuni stanno già cambiando lavoro».

Costruire un tavolo

Per i promotori della protesta il ministero dei Beni culturali deve organizzare un programma per la ripartenza degli spettacoli live. Lo chiede tutto il settore, da Assomusica, ai sindacati. Il 30 settembre c’è stato un incontro dei promotori di Bauli in piazza con i sindacati. Le sigle, Fistel Cisl, SLC Cgil, Uilcom Uil, hanno appoggiato la manifestazione e hanno detto che «organizzeranno iniziative di mobilitazione in questa direzione con obiettivi e proposte chiare da sottoporre alle istituzioni e alla politica». Quello che appare necessario per i sindacati, i manifestanti e le associazioni di categoria è aumentare il numero degli spettatori, anche ipotizzando controlli più stringenti.

Su questo, spiega Cappellini, sono in lavorazione delle proposte: «Siamo abituati a tracciare gli ingressi, sappiamo come viene disposto il pubblico, controlliamo tutto». Per i promotori non è giusto prevedere protocolli per altri settori culturali dimenticando lo spettacolo dal vivo. Ieri durante la performance hanno deciso di tacere simbolicamente ma «dalla prossima settimana – dice rivolgendosi al governo – vogliamo parlare».

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