Botte, controllo e minacce, i giovani giustificano la violenza sulle donne. L’urgenza è educativa

Alla Camera ha avuto il via libera il disegno di legge sull’educazione sessuale e affettiva. La norma, che adesso deve passare al Senato, non rende obbligatoria l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, ma introduce paletti stringenti agli istituti che vogliono realizzare iniziative sul tema e impone il consenso informato dei genitori. Eppure nel nostro paese trabocca la necessità di educazione alla relazione con l’altro sesso, specie per i maschi. I recenti dati dell’osservatorio Fragilitalia del Centro studi Legacoop e Ipsos portano alla luce una realtà inquietante. Se per il 78 per cento delle donne i femminicidi sono un’emergenza da fermare al più presto, tra i giovani il tasso di allarme scende al 63 per cento. Sulla violenza di genere la destra è bifronte Cosa è tollerabile Se nella media nazionale il 10 per cento degli uomini ritiene giustificabile che un uomo picchi una donna, tra i giovani la quota sale al 15 per cento. Una parte dell’universo giovanile è marcato da una cultura machista, dominatrice, prevaricatrice e violenta verso le donne. Mettere in rete o inviare ad amici foto esplicite di una donna (revenge porn), è ritenuto scusabile dal 33 per cento dei giovani. Minacciare di procurare dolore fisico a una donna che respinge l’uomo è ammissibile per il 34 per cento degli under 30. Lanciare contro una donna degli oggetti che possono ferirla è comprensibile per il 35 per cento. Toccare, baciare o abbracciare una donna senza che lo desideri è una cosa che si può fare per il 33 per cento degli under 30. Inviare a una donna e-mail, sms o Whatsapp indesiderati e sessualmente espliciti è plausibile per il 33 per cento. Infine, fare commenti o scherzi a sfondo sessuale su una donna è tollerabile per il 54 per cento dei giovani. La cultura che alberga in una parte dell’universo giovanile normalizza anche le forme più crude di controllo, di pressione psicologica e ricatto. Così per il 29 per cento degli under 30 si può impedire alla donna di uscire di casa; per il 37 per cento si può vietare alla donna di vedere e frequentare i suoi amici; per il 32 per cento si può seguire la propria partner quando esce di casa; per il 41 per cento si può controllare il cellulare, la mail o le telefonate; per il 37 per cento si può impedire alla donna di indossare alcuni capi di abbigliamento; infine, il 42 per cento si arrabbia se la propria compagna parla con altri uomini. «L’unica prevenzione alla violenza patriarcale è l’educazione sessuo-affettiva»: la lezione collettiva di Non una di meno Aggressioni giustificate A completare il già poco edificante quadro ci pensa la disposizione giustificazionista, da parte di una minoranza di giovani, di fronte agli atti più cruenti e aggressivi verso le donne. Così il 15 per cento degli under 30 ritiene che in determinate circostanze (con sporadicità, per il comportamento grave della donna, per un raptus) sia plausibile tirare un pugno o un calcio alla propria partner in un momento di rabbia; sempre il 15 per cento dei giovani ritiene in qualche modo accettabile prendere o tirare i capelli a una donna. Il 12 per cento ritiene ammissibile che il partner o il marito possa costringere a un rapporto sessuale la sua compagna. Il 9 per cento degli under 30 pensa che non sia profondamente sbagliato costringere ad un rapporto sessuale una donna che è sotto l’effetto di alcool o droga. Infine, il 9 per cento arriva addirittura a giustificare la possibilità di procurare delle ustioni a una donna in un momento di rabbia. Il quadro dei dati rivela la presenza nel nostro paese di una profonda crisi educativa e di una perniciosa deriva culturale. Si è consolidato, in una parte delle nuove generazioni, un substrato culturale patriarcale che normalizza la prevaricazione e il controllo sul corpo e sulla libertà femminile, interpretandoli come espressioni accettabili della relazione. Affrontare in radice questa emergenza sociale è compito di tutti, in primo luogo della scuola. Non farlo significa abdicare al ruolo fondamentale che le istituzioni (tutte) hanno nella decostruzione degli stereotipi di genere e nell’affrontare le cause profonde della violenza di genere e dei femminicidi. Non basta reprimere. Bisogna educare e cancellare la cultura machista. NOTA METODOLOGICA Indagine cawi realizzata da Ipsos per il centro studi Legacoop, su un campione di 800 italiani maggiorenni, metà ottobre 2025