Nell’Ottocento un giovane francese ha inventato un rivoluzionario sistema per i non vedenti. Anche se le innovazioni tecnologiche ne hanno diminuito la diffusione, resta importante
Grazie alla sua invenzione cambiò la vita a milioni di persone, ma Louis Braille non ebbe vita facile né riconoscimento immediato. Nato a Coupvray, vicino Parigi, perse la vista a tre anni maneggiando un punteruolo del padre: l’infezione a un occhio contagiò l’altro.
Emarginato in un’epoca che relegava i ciechi all’elemosina, riuscì comunque a studiare e a entrare, a dieci anni, nel prestigioso Royal Institute for Blind Youth. Lì scoprì la musica e iniziò a immaginare un sistema di lettura tattile, ispirandosi al “night writing” di Charles Barbier, un codice per leggere ordini al buio. Ma quel metodo, basato sui suoni, privo di punteggiatura e con segni di dodici punti, era troppo complicato.
La storia
Louis Braille impiegò quattro anni per sviluppare il suo alfabeto, basato su combinazioni di sei punti disposti in due colonne e tre righe: 64 configurazioni per lettere, numeri e punteggiatura. Estese in seguito il suo codice anche a musica e matematica: codificò le note musicali in Braille e gettò le basi per la notazione matematica tattile (il codice Nemeth sarebbe stato sviluppato successivamente).
Prima di allora l’accesso ai testi per i non vedenti era limitatissimo: si sperimentavano caratteri in rilievo difficili da leggere e la maggior parte delle persone cieche rimaneva analfabeta. Eppure nessuno tra i professori degli istituti per ciechi accolse con favore la sua invenzione.
Solo nel 1827 fu pubblicato il primo libro in Braille e il sistema iniziò piano piano a diffondersi negli istituti specializzati, dimostrando il suo potenziale rivoluzionario. Nel 1829 lo stesso Braille scrisse un saggio, permettendo a chi prima non poteva di leggere la musica: Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo ad uso dei ciechi ed ideato per loro. Il riconoscimento ufficiale arrivò solo nel 1854, quando la Francia lo adottò come sistema standard per l’istruzione dei ciechi. Ovvero due anni dopo la morte di Louis Braille, che avvenne a soli 43 anni per tubercolosi.
Il suo metodo di lettura si adattò a moltissime lingue (con facilità a quelle alfabetiche, ma è utilizzato anche per il cinese e il giapponese) ed è rimasto sostanzialmente invariato nei suoi principi per due secoli. Ancora oggi, sebbene la maggior parte dei testi sia pensata per la lettura visiva, molti documenti pubblici riportano diciture in Braille (dalle targhe degli ascensori ai foglietti illustrativi dei farmaci) per garantirne l’accessibilità universale. In Italia, ad esempio, il 21 febbraio viene celebrata la Giornata Nazionale del Braille, istituita per legge nel 2007, a sottolineare il valore culturale e sociale di questo strumento di inclusione.
Nell’era delle nuove tecnologie
Negli ultimi decenni, le tecnologie digitali hanno aperto nuove strade all’accessibilità. Già dalla seconda metà del Novecento, gli audiolibri e le registrazioni su nastro permisero ai non vedenti di «leggere con le orecchie». Oggi, computer e smartphone offrono una gamma di ausili impensabili ai tempi di Louis Braille.
Tra questi, la sintesi vocale, che legge i testi digitali con voci sempre più naturali e integrate nei sistemi operativi, e gli screen reader, programmi che descrivono a voce ciò che compare sullo schermo consentendo di navigare su pc e smartphone. A queste si aggiungono i display Braille rinfrescabili, dispositivi che trasformano in tempo reale il testo digitale in Braille grazie a file di puntini mobili, e le app intelligenti, capaci di riconoscere testi stampati, oggetti e ambienti o persino insegnare il Braille attraverso il gioco.
La National Federation of the Blind (Nfb) e altre fonti stimano che solo circa il 10 per cento (Stanford Daily stima invece tra il 10 per cento e il 25 per cento) dei bambini legalmente ciechi negli Stati Uniti raggiunga la piena alfabetizzazione in Braille, mentre negli anni Sessanta la percentuale era intorno al 50 per cento.
Prima, leggere un romanzo in Braille significava avere a disposizione intere collane di volumi ingombranti; è chiaro che la tecnologia, con file digitali e dispositivi compatti, ha reso tutto più immediato e accessibile, affiancando e talvolta sostituendo l’uso del Braille tradizionale.
Eppure, molti esperti sottolineano che rinunciarvi equivale a rinunciare alla piena alfabetizzazione del non vedente. Non a caso, si osserva che molti adulti ciechi alfabetizzati solo via audio faticano in compiti di ortografia o matematica avanzata; segno di lacune che l’ascolto non riesce a colmare. Provate a farvi leggere un’equazione complessa da una sintesi vocale: dovrete tenere a mente una lunga sequenza di parole e il rischio di perdersi è alto.
Con il Braille, invece, formule e notazioni restano fisicamente sotto le dita, permettendo di navigare nel testo in modo strutturato. Analogamente, in ambito musicale il Braille consente a musicisti ciechi di leggere spartiti e composizioni in autonomia, cosa impossibile via audio.
Privacy
C’è anche una questione di indipendenza e privacy dalla parte del Braille. Affidarsi esclusivamente all’audio presenta limiti pratici – e purtroppo non è utile per chi è sordo-cieco. Ci sono situazioni in cui sentire un contenuto non è ideale: in ambienti rumorosi, ad esempio, la sintesi vocale può risultare incomprensibile; in luoghi silenziosi (una biblioteca, un meeting) potrebbe invece disturbare gli altri. Inoltre ascoltare sempre in cuffia isola dal contesto e impedisce di percepire suoni ambientali importanti (come segnali di pericolo o conversazioni intorno).
Il Braille, al contrario, è silenzioso e può essere usato ovunque senza inconvenienti. Permette anche una maggiore riservatezza: leggere un messaggio su un display Braille tascabile è molto più discreto che farlo annunciare ad alta voce dallo smartphone.
Va evidenziato che il calo nell’uso del Braille riguarda soprattutto i paesi industrializzati, dove le tecnologie assistive sono alla portata di molti. Oggi nel mondo circa sei milioni di persone utilizzano il Braille, e un lettore esperto arriva a 200 parole al minuto, contro le 250 di un vedente. La tecnologia continua ad avanzare senza sosta, alimentando la speranza che un giorno chiunque possa riacquistare la vista.
Ma è utile ricordare che due secoli fa, senza alcuno strumento elettronico, un ragazzo chiamato Louis Braille ideò un metodo che permettesse di leggere con una semplice tavoletta e un punteruolo. È incredibile pensare che Braille perse la vista a tre anni proprio a causa di un punteruolo, e a sedici anni riacquistò la possibilità di leggere e scrivere grazie a un punteruolo.
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