Branigan: «Rivoluzione culturale, il Pcc ricorda solo la storia di Xi»

Tania Branigan, editorialista del Guardian, è l’autrice di Memoria rossa. La Cina dopo la Rivoluzione culturale, uscito in italiano per Iperborea (settembre 2025). Il libro è stato presentato al festival di Internazionale a Ferrara. Nel suo libro racconta molte storie, intime e personali. Più in generale, quali effetti ha avuto la Rivoluzione Culturale (RC) sulla società e la collettività cinese? Ho deciso di scrivere Memoria Rossa perché avevo iniziato a sentire che ogni storia contemporanea di cui parlavo aveva senso solo comprendendo che le sue radici affondavano in quegli eventi. Essa ha influenzato tutto: la cultura, le relazioni sociali, l’economia e, naturalmente, la politica. Ci sono stati così tanti tradimenti a livello personale – tra colleghi, mariti e mogli – che in Cina permangono ancora un profondo sospetto verso gli altri e cinismo verso chi detiene il potere. Lo stesso vale anche per coloro che sono convinti che solo il partito (Pcc) possa governare la Cina senza precipitare nel caos. Il rifiuto di affrontare gli eventi significa anche che il trauma si è inasprito. Il disastro ha giustificato e favorito anche la svolta da Mao al mercato per trovare opportunità ai molti giovani che avevano perso anni di istruzione. Gli stimoli della Cina per tornare a crescere: «La strada della ripresa è ancora lunga» Come gestisce attualmente il Pcc il ricordo della RC e quale impatto ha la narrazione ufficiale sulla memoria collettiva? Inizialmente ha permesso un’esplosione di ricordi – pensiamo alla “letteratura delle cicatrici” – sia come catarsi sia perché così facendo ha contribuito a condannare la Banda dei Quattro, una volta estromessa dal potere, nonché a legittimare i nuovi leader riabilitati, come Deng Xiaoping. Ma non ha mai permesso un bilancio adeguato degli eventi e delle implicazioni politiche. Inoltre molti di coloro che erano stati coinvolti nelle violenze delle Guardie Rosse provenivano da potenti famiglie politiche – un altro motivo per limitare la discussione. In generale una riflessione sulla RC viene sempre più repressa. Con il rallentamento dell’economia, mantenere una narrazione su come il Pcc abbia salvato la Cina dall’aggressione straniera e nascondere eventuali difetti del suo passato è diventato sempre più importante. Gli archivi sono stati chiusi. Studiosi e artisti della RC si sono trasferiti all’estero o sono stati arrestati. In Cina, persone incredibilmente coraggiose hanno preservato una quantità straordinaria di questa storia. Ma mentre facevo ricerche, mi sono anche resa conto che l’amnesia proveniva anche dalla società. Gli eventi sono stati così traumatici che la gente non voleva parlarne, almeno pubblicamente. Parecchi cinesi provano una vera nostalgia per quell’epoca, spesso perché la contrappongono ai problemi della Cina odierna. Alcuni sono neo-maoisti che la vedono come un periodo di maggiore uguaglianza sociale. Per altri invece era un’epoca di passione rispetto al materialismo attuale. O semplicemente la associano a quando erano giovani e riuscivano a trovare un po’ di gioia e ottimismo, nonostante le difficoltà. L’unica parte della RC che il partito è felice di affrontare – persino promuovere – è la storia del presidente Xi Jinping e di quando fu mandato a lavorare in campagna, come molti coetanei. Ne hanno attenuato la brutalità per dimostrare che è un uomo del popolo, che sa cosa significa lottare. Un banchetto complesso: la Cina è un ricco boccone Perché la RC viene oggi ricordata – seppur in modo controllato – mentre il massacro di Tienanmen rimane un tabù? La RC è stata in realtà molto importante per il Pcc come mezzo per mantenere il suo potere. Non vuole che la gente la veda con chiarezza. Questo permette di presentare quegli eventi non come il risultato dei propri errori, ma come una pericolosa alternativa alla stabilità che solo il Pcc oggi è in grado di assicurare. I rivali politici e i manifestanti di Hong Kong sono stati paragonati alle Guardie Rosse. Quel periodo è stato così traumatico da essere uno spauracchio molto efficace. Al contrario, il massacro dell’89 ha visto l’Esercito cinese rivoltarsi contro il popolo. Gli stessi leader responsabili della repressione sono rimasti al potere anche dopo. Cavoli patriottici: lo sciopero “gastronomico” dopo Tienanmen Questi eventi traumatici come vengono percepiti dai giovani cresciuti nell’era di Internet e della censura digitale? Molti giovani sono spesso solo vagamente consapevoli degli eventi, anche quando hanno colpito la propria famiglia. Ma gli effetti di quel trauma non possono essere sradicati e riemergono inconsciamente anche quando non se ne parla. Secondo lei, il controllo della memoria storica in Cina riguarda principalmente la tutela dell’immagine del Pcc o serve a prevenire il ripetersi dei disordini passati? Penso che i leader temono sinceramente i disordini, non solo per la loro sopravvivenza politica, ma perché molti di loro (Xi incluso) hanno vissuto e sofferto in quell’epoca. Ma ancora di più credono nella morsa ferrea del partito. Infatti, se cercano di controllare il nazionalismo popolare quando rischia di sfuggire di mano, allo stesso tempo lo alimentano e lo canalizzano quando fa loro comodo. La ferita sanguinante della Rivoluzione culturale in Cina è un enorme non detto Uno degli aspetti più sconcertanti per noi occidentali è capire come i leader cinesi che, da giovani hanno vissuto la RC, riescano a rimanere fedeli al Pcc... La Cina ha attraversato ondate di traumi e tante persone hanno concluso che devono lasciarsi quel passato troppo doloroso alle spalle. Altri hanno dato un senso a tutto questo, considerandolo un’esperienza terribile ma che ha insegnato loro molto. Per molti invece è veramente una scelta tra il partito unico e l’anarchia. Una generazione di leader ha sacrificato la propria vita per la rivoluzione. Il trionfo del Pcc è stato straordinario e inatteso. Sebbene abbia portato enormi sofferenze, ha anche portato reali miglioramenti nella vita di molte persone. Xi ha smantellato la maggior parte dei limiti normativi al culto della personalità. Eppure è una figura molto diversa da Mao: crede nella disciplina e agisce attraverso le istituzioni del partito anziché fare affidamento solo sul potere personale. [Missing Caption][Missing Credit] Memoria rossa. La Cina dopo la Rivoluzione Culturale (Iperborea 2025, pp. 304, euro 19,50) è un libro di Tania Branigan, tradotto in italiano da Silvia Rota Sperti