Come ormai tradizione, verso fine anno indossiamo la tunica multicolore dell’astrologo – o visti i tempi mesti, una vestaglia – e proviamo a trarre un oroscopo osservando le stelle dell’editoria. Leggiamo le uscite del 2022 per cercarne un disegno, se non proprio l’amore che verrà. 

Allora, che anno è stato per l’editoria? È difficile ricavare un’immagine coerente e unitaria, pensare che il panorama editoriale restituisca un quadro facilmente decifrabile.

A leggere i numeri, la prima impressione sarebbe quella di una generale tenuta: c’è stata una leggera flessione rispetto al 2021, appena del 2 per cento in meno di copie e poco di più “a valore” (cioè degli euro incassati) – un calo fisiologico considerato quanto il 2021 era stato eccezionale, onda lunga della pandemia e dei vari confinamenti terminati i quali era prevedibile che i consumi si redistribuissero.

Quindi all’apparenza un mercato stabile. In realtà sotto il “livello dell’acqua” che si è mantenuto alto, le cose sono abbastanza mutate.

Secondo i dati Aie l’Associazione italiana degli editori, sono aumentate le vendite di fumetti, più 15,9 per cento, e ormai non è più una novità.

Al di là del fenomeno Zerocalcare, sono i manga, sempre più distribuiti in libreria e negli store online generalisti, a fare la parte del leone.

Accanto alle serie bestseller, amatissime dagli adolescenti, è bello notare le riproposte di alcuni titoli storici (bello almeno per noi generazione X o per i geriatric millenial, quelli nati all’inizio degli anni ottanta – del resto gli unici a potersi permettere certe lussuose ma esose riedizioni), segno di una memoria e di una consapevolezza del settore assolutamente mature.

Due serie almeno sono da segnalare, entrambi capolavori che hanno fatto la storia del fumetto giapponese.

La prima è 20th century boys di Naoki Urasawa, la storia quasi intima di un gruppo di amici e del diventare grandi, sul perdersi e ritrovarsi: il tutto però sullo sfondo di un misterioso e tesissimo complotto globale, tra sette millenariste e fine del mondo.

La seconda è l’edizione deluxe di Berserk, serie che sotto l’ambientazione fantasy con mostri e sproporzionati spadoni nasconde un’amara riflessione sul male e la vendetta.

Questa nuova edizione di Panini editore, di grande formato e copertina in pelle, non è per tutte le tasche, ma il manga si può recuperare anche in economici volumetti brossurati.

In questa breve carrellata di fumetti è impossibile non segnalare anche i nuovi libri di due grandi maestri italiani: Hypericon di Manuele Fior, una resa grafica superlativa per raccontare una storia d’amore e scoperta negli anni della “generazione Erasmus”.

E i Quaderni ucraini. Diario di un'invasione di Igort, quasi un taccuino in diretta dell’aggressione russa ai danni dell’Ucraina che riprende nella forma i suoi precedenti Quaderni ucraini e Giapponesi.

SAGGIAMENTE

Ma torniamo ai dati Aie. L’altra notizia che emerge è il calo della saggistica (-13 per cento). È il ritratto di un mercato polarizzato (con le dovute eccezioni, ovviamente), tra titoli titoli di evasione, facili, pop che vendono molto, molto più che in passato, mentre altri, magari con una soglia di accesso anche solo un po’ più esigente, che faticano a non farsi travolgere dalla rotazione delle novità in libreria e sparire.

Doveroso quindi tra i titoli notevoli dell’anno segnalare partire proprio dai saggi.

A cominciare da Senza respiro di David Quammen, di cui ho scritto su queste pagine. Meno cinematografico di Spillover, ovviamente (non potendo viaggiare, mancano quegli splendidi spaccati di luoghi esotici, giungle, cumuli di guano in cui si immergeva nella sua ricerca di fonti), ma non per questo è diminuita la capacità con cui riesce a ricostruire la storia del Covid-19, della comunità scientifica che lo sta combattendo, senza mai far cadere la tensione, l’interesse ma anche l’autorevolezza. Da far studiare nelle scuole di scrittura scientifica.

LA GUERRA NON È BELLA

La guerra in Ucraina domina i palinsesti televisivi, le pagine dei giornali e i dibattiti social (con esiti non sempre eccelsi…), ma è un interesse che non si trasforma in copie di libri.

Nonostante le buone proposte di approfondimento, in libreria, non manchino. Non tratta direttamente del conflitto ucraino, anche perché è stato scritto un paio d’anni prima, ma racconta il nuovo volto della guerra, quello digitale, il libro di Nicole Perlroth, Così mi hanno detto che finirà il mondo. La corsa agli armamenti cibernetici e il futuro dell'umanità: un dettagliato reportage, tra il Messico e gli Emirati Arabi, l’Argentina e Israele, dal fronte digitale dei conflitti, guerre che, magari nell’ignoranza del grande pubblico, si combattono in ogni momento.

Un libro da accompagnare a un altro, un romanzo, Stalingrado di Vasilij Grossman, grandioso affresco della Seconda guerra mondiale che chiude il dittico con Vita e destino e lo conferma tra le vette della letteratura del ventesimo secolo.

CORPI SOCIALI

 Everybody. Un libro sui corpi e sulla libertà di Olivia Laing è un saggio bellissimo, ennesima conferma di quella che secondo me è tra le più importanti scrittrici inglesi, e della sua scrittura: divagante, curiosa, critica. Davvero una Susan Sontag di oggi, che qui si occupa dell’intersezione tra libertà, individuo, desiderio, identità, un’intersezione che coincide col corpo che tutti abbiamo.

Ma quello di Laing è un saggio? Sì, certo, mette insieme lo psicologo William Reich e Nina Simone, l’arte femminista di Ana Mendieta e il marchese de Sade. Ma è anche racconto personale, ricordo, narrazione.

Un territorio ibrido, di frontiera, in cui si pone anche Melanconia di classe. Manifesto per la working class di Cynthia Cruz. Anche Cruz si muove tra saggiamo e racconto personale per dare un “corpo”, una collocazione sociale al suo punto di vista. Che è quello di una scrittrice che viene dalle classi popolari e decostruisce le cornici borghesi (spesso in assenza di una vera borghesia) e da classe media in cui è ancora contenuto il discorso culturale.

LA CLASSE NON È ACQUA

Ecco, come dicevo prima è difficile trarre un disegno generale dalle proposte editoriali, ma forse un paio si possono azzardare. La prima è il ritorno del conflitto e del discorso sulla classe anche nella narrativa.

Alla linea di Joseph Ponthus è un romanzo in versi liberi, devastante e struggente, di un operaio interinale dentro a una fabbrica di confezionamento del pesce e poi in un mattatoio.

Alla linea è il primo e unico libro di Ponthus: è morto nel 2021 proprio per le conseguenze delle durissime condizioni di lavoro che ha subito.

La classe e i conflitti tra di esse è anche uno dei temi portanti di un romanzo apparentemente tutto concentrato sui rapporti sentimentali, come Dove sei mondo bello di Sally Rooney. Ma fin dal titolo (una citazione settecentesca da Friedrich Schiller), il lettore attento dovrebbe essere messo sull’avviso che quello di Rooney è sì una storia d’amore (anzi due), ma anche una grande riflessione sul romanzo come racconto sociale e sul romanzo come forma, sulla sua capacità di raccontare il contemporaneo.

DOVE TI NASCONDERAI?

Siamo così alla seconda linea che ha caratterizzato questo 2022 libresco e letterario: l’inquietudine di fronte a un mondo alla fine del mondo, tra crisi multi livello e iperoggetti, tra conflitti e intelligenze artificiali, pandemie e crisi climatica. Come raccontare una realtà sfilacciata e inafferrabile come una tempesta di pixel?

Può la scrittura letteraria, e il romanzo in particolare, quel soggetto cannibale che è il romanzo, che ingloba dentro di sé il saggio, l’autofiction, la critica, il reportage, avere ancora voce in capitolo? Tasmania di Paolo Giordano è il romanzo italiano che si fa queste domande e soprattutto non ha paura a pronunciare una parola diventata tabù: futuro.

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