«Dodici anni fa facevo parodie di divulgazione filosofica in romanesco con cui facevo ridere i miei compagni, così ho creato l’account Filosofia coatta. Col tempo c’è stata una transizione ed è diventata una una pagina di satira con i meme: dei fotoromanzi, delle vignette per chi non fa il fumettista. Il mio approccio si è evoluto con l’evoluzione dei social». Giulio Armeni, o “@fliosofia_coatta”, come si legge su Instagram, romano, classe 1994, crede nei meme, al punto che per lui il “memer” sarà presto un nuovo lavoro.

Sei pronto ad aprire un account anche su TikTok?
Lo sto studiando. Ha delle potenzialità creative immense, è un po’ il passaggio che ha fatto Zerocalcare, dalle vignette alle animazioni. Dovrò cercare di tradurre i miei meme.

Sulla tua pagina Instagram fai satira, c’è moltissima politica. La tua immagine profilo si compone di Matteo Salvini e Giorgia Meloni abbracciati con scritto “Giorgia e il Capitano”. Come si coniuga la satira con un social partito con i balletti?
Anche Instagram era un social per nudità e cibo. Si entra in un social network per divertirsi e intrattenere, poi arrivano le persone pesanti come me e scappano tutti, come è accaduto a Facebook. Penso proprio che cercherò di rovinare TikTok con i miei contenuti entro il 2023.

Non hai preclusioni sul web, eppure hai un forte legame col “vecchio mondo”. Sta per uscire il tuo terzo libro, Memeromanzo – Telenovela della politica.
Io vengo dal mondo di carta e mi sono infiltrato nei social. I meme sono partiti come un pretesto per portare la scrittura su Instagram. All’inizio ero molto preoccupato, ma la scrittura è ovunque: anche nei video di TikTok molto più di prima, è un falso mito che la scrittura non sia presente sui social. Un libro è un approdo che mi auguravo, soprattutto l’ultimo, che è un po’ un esperimento visto che è una raccolta di meme.

La tua raccolta sarà pubblicata da People, la casa editrice di Pippo Civati. Hai fatto un post proprio con lui per pubblicizzare l’uscita. Come vi siete conosciuti?
È venuto a febbraio 2022 all’evento “Letture interrotte – sono io a lasciare i libri o loro a lasciare me”, a Roma, a Largo Venue. Io ho portato tre libri che mi avevano dato problemi. Era in prima fila, e in quel momento ha visto qualcosa e ha cominciato a seguire la pagina. Dopo le elezioni ci siamo sentiti e abbiamo ipotizzato una raccolta che raccontasse l’ultimo periodo.

Di quale periodo parliamo esattamente?
Parte dai primi mesi del Covid-19, quelli dei decreti di Giuseppe Conte. Poi c’è la guerra in Ucraina, e continua con una sorta di trama fino alla grande abbuffata di voti del centrodestra che ha portato all’elezione di Giorgia Meloni. Questi due anni sono stati così assurdi e farseschi che si spiegano soltanto se a manovrarli c’è stata una lobby dei meme.

Su Internet si nota una certa preferenza a memare i leader di centrodestra in effetti. Dipende dal fatto che molti dicono che i memer, come la satira, sono di sinistra?
Non so se è perché vivo nella mia bolla, ma ci sono molte più persone di sinistra che fanno i meme, così come satira, ma questo non vuol dire che la produzione sia migliore. Ci sono meme non di sinistra che sono di qualità, come quelli di “Apparire trascendentale per superare il divenire”.

Che ne pensi di Osho? È andato anche alla festa di Fratelli d’Italia.
Mah, in realtà lui un po’ mi stucca. Secondo me è come Maurizio Battista, mi piace guardarlo ogni tanto con mio padre. È il comico che piace ai miei genitori, però vorrei un passetto avanti, non è che me guardo (romanesco, ndr) tutti i giorni Battista. Un meme di Osho è una cosa che si mostra a proprio zio alla cena di Natale per un momento intergenerazionale.

I meme sui personaggi di centrosinistra sono più rari, però tu ci provi. Vuoi renderli simpatici?
Non vorrei rendere simpatici i politici, li vorrei rendere più umani. Non vorrei lanciare l’operazione simpatia. Si tratta di una ricerca umana oltre la maschera.

Di recente hai fatto un post sul discorso di Elly Schlein per la candidatura come segretaria del Pd. Lei ha più potenzialità degli altri?
Ogni politico lo conosco facendoci meme sopra. Mario Draghi non aveva un passato politico, però dovevo capire chi era. Poteva sembrare una persona molto poco adatta, ma ho trovato una chiave per lui: un personaggio come Clint Eastwood. Si prestava molto a fare affermazioni pesanti, taglienti, quasi cattive. Meloni per dire è un altro personaggio, magari richiede una comicità più casereccia. Su Schlein lo dirà il tempo.

Qual è uno dei post che ti ha stupito per l’impatto che ha avuto?
Pasolini e le criptovalute. Non è per forza un argomento di dominio pubblico, io mi sono dovuto studiare l’argomento. Quello è un meme che mi ha sorpreso, non pensavo che potesse incontrare i gusti di così tante persone. Per me Pasolini è una sicurezza.

Fare meme è come fare la commedia dell’arte. Se mi serve un personaggio che rappresenti lo spirito polemico, io prendo Pasolini. Poi bisogna giocare con le maschere. Lui che era avverso al capitalismo e alle dinamiche disumanizzanti, adesso difende qualcosa che lo è all’estremo. Può essere dirompente.

Qual è il post che ha avuto più successo in assoluto invece?
Quello in cui si scopriva che Jovanotti era il responsabile del disastro di Chernobyl, un post nato dopo le polemiche sui concerti sulle spiagge. Mi ha dato molta soddisfazione.

Il successo si lega anche a quanto viene discusso un argomento in qualche modo. Tra quelli politici quale è andato meglio?
A livello politico quello che ha avuto più successo è stato un meme su Meloni che non si trova più online. È stato visto come incitamento all’odio: alludeva al fatto che i fascisti vengono appesi, non era urlato, era una cosa molto velata, ma qualcuno lo ha segnalato.

Quindi c’è una forma di censura.
Assolutamente. Per questo ho deciso di fare uno spettacolo: “Fuga dall’algoritmo”. L’algoritmo è ottuso e non distingue quello che è offensivo da quello che non lo è. Per questo sono approdato anche ai libri. I libri per certi aspetti restano meno censurabili.

Internet era visto come l’emblema della libertà di espressione.
Sta diventando un problema scrivere la parola “morte”. L’algoritmo è molto bacchettone per alcune cose, per altre meno. Ha dei lati di censura non umana, sono meccanici e diventano quasi kafkiani.

La “lobby dei meme” di sinistra come vivrà questo nuovo governo?
L’importante è che alimenti il circo mediatico, questo governo ci sta riuscendo bene. Se pensiamo alle dichiarazioni sui rave, sul Pos, sui matrimoni. Questo è un governo che influisce in maniera reale sulla vita delle persone, ma è anche carnevalesco. Il mondo della satira vive questa contraddizione, da una parte spera in un governo migliore, ma con questi politici sarà una cuccagna.

Quello che fai lo vedi come un lavoro?
Lo sta diventando, ci può essere una forte analogia tra il mondo del fumetto e quello dei meme. Prima di essere chiamato “graphic novel” il fumetto era meno apprezzato. Ci sono molti artisti nel campo dei meme che col tempo si affermeranno. Stanno nascendo dei festival, come Memissima a Torino di recente. Molte cose si stanno muovendo. Sì, fare il memer diventerà un nuovo lavoro.

Ma concretamente come si può riuscire a guadagnare?
Si può scrivere per i giornali, come accade con le tradizionali vignette. C’è la strada delle immagini satiriche. Ma ci sono anche enti culturali interessati. La Treccani fa meme sui social e paga per avere questo tipo di contenuti.

Quindi esiste già la professione memer?
Per poche persone. Ancora viene dato troppo poco valore, siamo in una fase di transizione che sto vivendo sulla mia pelle. Ma siamo anche in una fase di lancio, se vogliamo essere ottimisti.

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